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Il terrorista di Strasburgo Chérif Chekattè, è stato stanato e ucciso dalla Polizia francese
Dopo i 4 morti di Stasburgo, anche l'Italia innalza il livello di sicurezza per pericolo attentati

ROMA (Italy) - Chekatt è stato colpito a morte dalla polizia in un magazzino di rue du Lazaret, nello stesso quartiere di Neudorf dove si erano perse le sue tracce la sera dell'attacco. L'attentatore ha sparato per primo contro un'auto della polizia prima di essere abbattuto dagli agenti. Con sé aveva anche un coltello. In tutto sono stati 720 gli agenti mobilitati oggi in Francia per trovare il killer 29enne che, dopo la sparatoria, è scappato. Perquisita a Parigi la casa di una delle sorelle intorno alle 14, quando gli agenti sono entrati nell'abitazione della donna e del marito, un medico, a boulevard Raspail. In quel momento, nella casa c'era anche un'altra sorella di Chérif. Oggi anche una quinta persona legata al killer in fuga era stata fermata, ma non fa parte della sua famiglia. A riferirlo, la procura di Parigi. Intanto, tre persone sono morte, altre tre sono gravemente ferite, fra la vita e la morte. Tre altri feriti sono stati dimessi dall'ospedale in giornata.


Attentato terroristico a Strasburgo, nel mercatino di Natale con 3 morti e 13 feriti, tra cui il giornalista italiano3 morti e 13 feriti, tra cui il giornalista italiano. E' caccia all'uomo in Francia per ritrovare Cherif C., il 29enne ricercato per l'attacco di ieri sera in pieno centro a Strasburgo e classificato come potenzialmente pericoloso per la 'sicurezza dello Stato. Anche l'Italia innalza il livello di sicurezza alla luce di quanto avvenuto a Strasburgo soprattutto per gli appuntamenti programmati in vista delle festività natalizie: fiere, mercatini, eventi culturali e turistici in grado di richiamare un grande afflusso di pubblico.

News - E' morto Antonio Megalizzi, il giornalista 29enne ferito martedì sera nell'attentato di Strasburgo. Il principale sospettato dell'attentato al mercatino di Natale, Cherif Chekatt, è stato ucciso ieri sera dalla polizia. Le indagini cercano di determinare se il terrorista, che si era radicalizzato, avesse dei complici o se si sia trattato dell'azione di un 'lupo solitario'.


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In Belgio ritorna l'incubo terrorismo: tre morti in un conflitto a fuoco con un jihadista
Liegi sotto attacco, il terrorista 31enne morto nello scontro era schedato per radicalizzazione
Ha aggredito le due agenti alle spalle, pugnalandole ripetutamente prima di ucciderle con le loro armi

ROMA (Italy) - Tre persone sono state uccise durante una sparatoria sul Boulevard d'Avroya Liegi, in Belgio. Si tratta di tre donne, due poliziotte e una passante. Anche il killer è stato ucciso dalle forze dell'ordine. L'uomo, che era stato fermato per un controllo di routine davanti al liceo Léonie de Waha quando ha aperto il fuoco, ha ferito inoltre altri due agenti di polizia prima di essere ucciso. Testimoni riferiscono che urlava 'Allah Akbar' durante il suo attacco.


Due poliziotte e un passante sono morte durante una sparatoria a Liegi. Il killer, secondo quanto riportano i media belgi, è stato "neutralizzato". Prima di essere ucciso, Benjamin Herman, nato nel 1987, avrebbe sequestrato una donna e si sarebbe asserragliato in un ufficio. Almeno altre due persone sono rimaste ferite. Secondo fonti di polizia citate da alcuni media locali, il killer avrebbe anche gridato "Allah Akbar" ("Allah è grande").

Le vittime sono due donne poliziotto e madri, e un giovane diplomando. Le due agenti avevano 53 e 45 anni, una madre di due gemelle di 13 anni già orfane di padre, e l'altra di un ragazzo di 25 anni. La terza vittima è uno studente di 22 anni della Haute Ecole di Liegi, che si sarebbe dovuto diplomare tra qualche settimana per diventare insegnante.

Media: killer era schedato per radicalizzazione - Il killer di Liegi era schedato dalla sicurezza di stato dal 2017 in quanto sospettato di radicalizzazione. E' quanto riferisce la tv belga Rtbf citando fonti proprie. Herman, originario di Rochefort, secondo quanto precisato dalla Procura, aveva un permesso di uscita dalla prigione di qualche ora per un appuntamento per il suo reinserimento, ma non è mai rientrato. Il domicilio della madre a Rochefort, riporta Rtbf, è stato perquisito.

Testimoni riferiscono che urlava 'Allah Akbar' durante il suo attacco. Ha aggredito le agenti di polizia alle spalle, pugnalandole ripetutamente prima di impossessarsi dell'arma di una di loro per ucciderle. A spiegarlo è stato il procuratore belga, Philippe Dulieu, spiegando che successivamente il killer si è dato alla fuga, ha raggiunto un'auto parcheggiata dove ha ucciso la donna 22enne che occupava il sedile passeggeri, infine si è barricato all'interno di una scuola dove ha preso in ostaggio una donna delle pulizie, prima di essere ucciso. La procura belga indaga per terrorismo: "Ci sono elementi che lasciano pensare che si tratti di un atto terroristico", ha dichiarato alla Dpa l'ufficio del procuratore.


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Terrore e morte in Germania, attentato terroristico con 3 morti e 50 feriti
Un furgone è piombato sui passanti e sul clienti dei tavoli all'aperto del ristorante Kiepenkerl a Münster

ROMA (Italy) - Un furgone è piombato sui passanti e sul clienti dei tavoli all'aperto del ristorante Kiepenkerl a Münster in Germania. L'uomo alla guida si è suicidato dopo essere piombato sulla folla. Non si tratterebbe tuttavia di un 'lupo solitario': secondo il Rheinische Post, infatti, gli agenti sarebbero in cerca di altri due presunti terroristi. Nel frattempo, dalle regioni vicine stanno affluendo a Munster rinforzi. Secondo la Süddeutsche Zeitung, il terrorista avrebbe avuto problemi mentali.


E' di due vittime e una trentina di feriti il bilancio dell'attentato avvenuto ieri a Munster, quando un cittadino tedesco, Herbert Reul, si è lanciato sulla folla alla guida di un furgone e poi si è suicidato sparandosi. Il veicolo si è scagliato contro i tavoli all'aperto del ristorante Kiepenkerl, nel centro storico, travolgendo i clienti seduti. Secondo la Süddeutsche Zeitung, l'autista suicida avrebbe avuto problemi mentali. Per altri media, in passato l'uomo aveva già tentato di togliersi la vita.

L'emittente Ntv, inoltre, ha aggiunto che l'omicida era noto alla polizia per precedenti penali e vicende di droga. Non vi sono indicazioni che il suo gesto abbia una matrice islamista. L'attentato è avvenuto ad un anno esatto da quello che, il 7 aprile del 2017, insanguinò Stoccolma. Il 39enne Rakhmat Akilov, richiedente asilo uzbeko, alla guida di un camion rubato travolse la folla sull'arteria pedonale Drottninggatan, nel centro della capitale svedese. Nell'attacco rimasero uccise 5 persone e altre 14 furono ferite gravemente.

Si cercano inoltre esplosivi e la popolazione è stata invitata ad evitare l'area dell'incidente, che si trova nella città vecchia nella Renania Settentrionale-Vestfalia. Gli inquirenti temono che il furgoncino lanciato sulla folla possa contenere ordigni esplosivi. Lo riferisce l’emittente Ntv. "Siamo impegnati sul luogo con tutte le forze di cui siamo a disposizione", così la polizia di Muenster via Twitter.


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Cinque accusati di essere terroristi dell’Isis a Torino, ma non si possono eseguire gli arresti
Le norme italiane che fanno ridere il mondo intero ora sono garantiste anche per i terroristi

ROMA (Italy) - Cinque tunisini sospettati di aver creato in Italia un gruppo collegato all’Isis e per i quali la procura torinese aveva chiesto altrettante misure cautelari in carcere, non possono per ora essere arrestati. Il pm Andrea Padalino aveva richiesto le cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per i cinque, che nel frattempo si sono spostati a Torino, ma il gip, nel giugno scorso, aveva respinto l’istanza, che invece è stata poi accolta dal Tribunale del Riesame al quale aveva fatto ricorso la procura torinese. Le misure, però, non possono essere eseguite perché gli indagati hanno dieci giorni di tempo per fare ricorso in Cassazione e nel caso si dovrà attendere il pronunciamento della Suprema corte.


Sono cinque gli uomini, tutti tunisini, sospettati di far parte di un gruppo legato al terrorismo internazionale che non saranno arrestati per una questione procedurale che ha bloccato l’esecuzione delle misure cautelari. I cinque sono sospettati di avere formato in Italia un gruppo collegato all'Isis. Tre di loro si trovano agli arresti domiciliari per droga. Gli altri due invece sono liberi, uno dei quali è già stato espulso nel 2016. Come riassume l’Ansa: la procura di Torino aveva chiesto gli arresti il 17 maggio, ma un gip, il 21 giugno, aveva respinto l'istanza. Il pm Andrea Padalino ha fatto ricorso al tribunale del riesame del Piemonte, che nei giorni scorsi gli ha dato ragione. L'ordinanza dei giudici, però, non è esecutiva perché gli indagati possono ancora ricorrere in Cassazione. L'arresto, quindi, non può scattare. Gli accertamenti sono nati da controlli su false dichiarazioni di studio all'Università di Torino presentate da stranieri per ottenere permessi di soggiorno. I militari hanno individuato i sospettati e hanno scoperto che nel frattempo si erano stabiliti a Pisa per dedicarsi allo spaccio di stupefacenti. Gli accertamenti sono nati da controlli su false dichiarazioni di studio all'Università di Torino.

I cinque, più altri due sospettati che per il momento sono rimasti esclusi dall’inchiesta, avrebbero costituito in Italia una cellula dell’Isis. Tre di loro si trovano agli arresti domiciliari per spaccio di droga. Gli altri due invece non sono rintracciabili in quanto sarebbero caduti combattendo o sotto i bombardamenti alleati sul fronte siro-irakeno. La procura di Torino aveva chiesto gli arresti il 17 maggio, ma un gip, il 21 giugno, aveva respinto l’istanza.

Altri due universitari, sempre di origine tunisina, sono partiti per il jihad in Siria. E non risulta siano morti. C’erano stati altri tre tunisini immigrati, tra il 2011 e il 2013, iscritti al corso di laurea in Lingue e culture dell’Asia e dell’Africa, a Palazzo Nuovo: due sono deceduti sul fronte siriano, entrambi miliziani nelle fila dell’Isis, il terzo, Bilel Chiaohui, è stato fermato dai carabinieri del Ros 15 giorni fa, e poi espulso, dopo la minaccia di trasformarsi in martire come i suoi amici.


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Ancora terrorismo, adepti dell'Isis colpiscono in Canada e Francia
Marsiglia, un nordafricano accoltella a morte due donne al grido "Allah Akbar".
Nella cittadina canadese di Vermont un camion con bandiera del Califfato si lancia contro la folla. 5 Feriti.


ROMA (Italy) - Due donne sono rimaste uccise in un attacco terroristico oggi a Marsiglia. Secondo le forze di sicurezza francesi, un giovane di origine nordafricana ha compiuto un attacco davanti alla stazione di Saint Charles, sgozzando una donna e pugnalandone a morte un'altra, prima di essere abbattuto da due militari che presidiavano la stazione. Secondo alcuni testimoni, l'attentatore avrebbe urlato "Allah Akbar" prima di essere ucciso. Gia' a fine agosto Marsiglia era stata colpita da un attentato, quando un uomo si era lanciato con la sua auto contro una fermata del bus, uccidendo una donna e ferendone gravemente un'altra.


Almeno 5 persone sono rimaste ferite in un duplice attentato terroristico di matrice islamista a Edmonton nello Stato canadese dell’Alberta ad opera di un uomo sulla tretina che è stato arrestato e che secondo la polizia ha agito da solo. Alle 20,15 locali (le 6,15 in Italia), riferisce la Bbc, un uomo ha investito con un auto una pattuglia della polizia con dentro un agente per poi scendere dalla vettura e accoltellare il poliziotto che era di guardia al Commonwealth Stadium dove era in corso una partita di calcio. L’aggressore è riuscito a darsi alla fuga e l’agente è stato ricoverato con ferite non gravi. Poco prima della mezzanotte, sempre lo stesso uomo, secondo la polizia locale, alla guida di un furgone bianco si è scagliato contro i passanti in una zona pedonale ferendo 4 persone. La polizia è riuscita alla fine ad arrestare il sospetto terrorista che era già attentatore, noto alle forze dell’ordine. Nell’auto la polizia riferisce di aver trovato una bandiera di Isis. Il modus operandi di usare veicoli e armi da taglio per colpire innocenti è tipico delle recenti azioni di Isis in Europa. Isis aveva già colpito in Canada il 23 ottobre 2014, con l’attacco al Parlamento di Ottawa. Lo scorso 30 gennaio, invece, un uomo ha attaccato una moschea a Qebec City uccidendo 6 persone e ferendone 8.


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Londra senza pace, il terrorismo colpisce ancora in Metropolitana. Decine di feriti avvolti dalle fiamme
La bomba è esplosa questa mattina su una vettura del "Tube" londinese

ROMA (Italy) - Un rumore fortissimo. Poi la carrozza che si riempie di fumo e calore, e la gente che scappa in preda al panico. Arrivano tramite i social network le prime testimonianze dell'esplosione avvenuta questa mattina intorno alle 8:20, ora locale, su un treno del Tube di Londra, all'altezza della stazione di Parsons Green nella zona residenziale di Fulham. Alcuni passeggeri sono rimasti feriti. Secondo quanto riferiscono i media britannici, la deflagrazione è stata causata da un secchio di plastica bianca posto nei vagoni posteriori del treno. Testimoni parlano di passeggeri con ustioni al volto e capelli in fiamme.


"A Parsons Green molte ambulanze, vigili del fuoco e polizia. La metro è chiusa. La gente è preoccupata". Via Twitter arrivano le prime immagini e i primi commenti dopo l'esplosione avvenuta su un treno della metropolitana di Londra, all'altezza della stazione di Parsons Green, nella zona residenziale di Fulham. L'esplosione, che sarebbe stata causata da un secchio di plastica, ha provocato diversi feriti e panico tra i tanti pendolari.

L'esplosione è trattata come un "incidente di natura terroristica". E' quanto ha dichiarato la Metropolitan Police su Twitter. "I funzionari del Comando antiterrorismo del Met stanno indagando. Il vice commissario Neil Basu, coordinatore nazionale per l'anti-terrorismo, lo ha dichiarato un incidente terroristico", si legge in un comunicato del Met. "Gli ufficiali del Metropolitan Police Service e del British Transport Police sono sulla scena, insieme ai colleghi della London Fire Brigade e London Ambulance Service", scrive ancora il Met, che parla "di un certo numero di persone che sono rimaste ferite". "È troppo presto per confermare la causa dell'esplosione, che sarà oggetto dell'inchiesta. La stazione rimane bloccata e consigliamo alle persone di evitare la zona", conclude.

Sul luogo, oltre a forze dell'ordine e ambulanze, al momento stanno lavorando anche artificieri per la bonifica e la raccolta di elementi utili a capire quanto avvenuto. "Una palla di fuoco ha avvolto il vagone della metropolitana", ha raccontato uno dei tanti pendolari che in quel momento si trovavano alla stazione di Parsons Green. "Ho sentito urla e ho visto persone che fuggivano e piangevano", ha detto un altro. Mentre alcuni parlano di persone con il volto coperto di sangue. "Non ho mai visto nulla del genere", ha raccontato Sam ai media presenti sul posto.


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Europa nel mirino dell'Isis ed è allerta terrorismo, ma come si difende l'Italia?
Il Governo italiano dice no all'innalzamento del livello di sicurezza

ROMA (Italy) - Dopo Barcellona, Finlandia, Germania e Russia, l'Italia rafforza le misure di sicurezza a protezione degli obiettivi considerati più a rischio, dove c'è maggiore affluenza di persone, mantenendo elevato il livello di vigilanza e altissima la vigilanza. E' quanto emerso dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo, convocato al Viminale in seguito agli attentati di Barcellona. Il livello della minaccia, è stato sottolineato, ''non cambia per l'Italia'': restiamo quindi al 'Livello 2' (quello immediatamente precedente all'attacco in corso) ma con un rafforzamento delle misure già adottate finora che ai molti appaiono esageratamente ridicole.


1. BLOCCHI DI CEMENTO - In alcuni dei posti considerati sensibili (luoghi di aggregazione, monumenti, quartieri dello shopping) sono state installate delle nuove barriere di cemento, i cosiddetti 'Jersey'. Obiettivo: proteggere le persone che si trovano in un dato luogo dall'eventuale minaccia di vetture lanciate a tutta velocità. Tali barriere sono state installate anche in piazza del Duomo e in galleria Vittorio Emanuele a Milano.

2. BLINDATI - I mezzi Lince impiegati nell'operazione 'Strade Sicure' vengono adottati come 'blocco' sulle strade nei pressi di monumenti e luoghi sensibili.
Vengono posizionati per restringere passaggi e realizzare barriere mobili, come già accade - ad esempio - all'ingresso di via del Corso a Roma, vicino al Colosseo o nei pressi di Palazzo Chigi. Anche su via dei Fori Imperiali, i mezzi dell'esercito sono schierati per impedire l'accesso a tir o mezzi pesanti, permettendo il passaggio a zig zag agli autobus.

3. AUTONOLEGGI - Viene richiesto alle società che affittano veicoli e automezzi un maggiore controllo e una attenta segnalazione di eventuali anomalie.

4. CONCERTI ED EVENTI - Come già fatto finora - il caso più recente, il mega concerto 'Vasco Modena Park' da 220mila persone - ad ogni evento e concerto è prevista un'organizzazione scrupolosa: dalle transenne antipanico ai corridoi e alle uscite di sicurezza (che per il concerto del Blasco erano di 40 metri l'una) per favorire eventuali vie di fuga. Al Parco Ferrari, inoltre, c'erano un primo cerchio di sicurezza, con varchi dotati di telecamere per riconoscimento facciale, poi i metal detector e la perquisizione di borse e zaini. E il divieto assoluto di introdurre bottiglie di vetro e superalcolici.

5. TELECAMERE DI SICUREZZA - Strumento sempre più utilizzato per aumentare il livello di sicurezza nelle città. A Roma, lo scorso maggio, sono state ad esempio attivate telecamere di videosorveglianza su 487 autobus. Obiettivo: "Utilizzare le immagini per contrastare episodi di violenza ed illegalità sui mezzi", ha sottolineato la sindaca Virginia Raggi. Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro Minniti a Ferragosto, i dati presentati (leggi il DOSSIER) parlano di 67 espulsioni nei primi mesi di questo 2017: "Rimpatri effettivamente fatti nel Paese di provenienza, con un +81% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno".

6. SCAMBIO DI INFORMAZIONI - Trend "positivo" dovuto ad un "complesso di attività: in particolare, grazie a quella messa in campo dal Comitato di analisi strategica antiterrorismo, struttura unica in Europa - ha ricordato il ministro - che tiene insieme le Forze di polizia e dell'Intelligence". Lo scambio di informazioni in tempo reale, ha detto Minniti, "è fondamentale e può dare risultati straordinari".


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Isis attacca Barcellona, turisti falciati da un furgone sulle Ramblas. 13 morti tra cui due italiani
I terroristi preparavano attacco con 20 bombole di gas da far esplodere tra la folla

ROMA (Italy) - Terrore a Barcellona dove un furgone contro la folla ha travolto decine di pedoni sulla Rambla di Canaletes uccidendo due persone. Il furgone si è poi schiantato contro un chiosco e il conducente è fuggito a piedi, scrive il quotidiano El Diario. L'uomo si sarebbe asserragliato in un bar assieme a un'altra persona. Sono armati e uno dispone di un'arma a canna lunga. Nel locale ci sarebbero ostaggi. Lo riporta il sito El Periodico, che riferisce anche di una sparatoria nella zona. La polizia ha imposto la chiusura dei negozi della zona e decine di clienti sono rimasti all'interno dei locali. Le autorità hanno invitato a restare chiusi in casa.


Le forze di sicurezza spagnole sarebbero alla ricerca di altre due persone coinvolti negli attacchi di Barcellona e di Cambrils. Lo sostiene la radio Cadena Ser, secondo cui si starebbe cercando anche un terzo furgone oltre ai due di ieri, uno utilizzato per l'attacco, l'altro ritrovato a nord di Barcellona e che sarebbe dovuto servire per la fuga degli attentatori. La polizia spagnola ritiene che sia il 17enne Moussa Oukabir il presunto autore materiale dell'attentato di ieri. Moussa è il fratello di Driss Oukabir, arrestato ieri a Ripoll, località a un centinaio di chilometri da Barcellona.

Tra le tre persone arrestate dalla polizia spagnola ci sono due marocchini e uno spagnolo proveniente dall'enclave di Melilla, in territorio marocchino. Il procuratore capo dell'Audiencia nacional spagnola, Javier Zaragoza, ha escluso che i responsabili degli attacchi di Barcellona e Cambrils avessero precedenti per terrorismo. Chiarito di non poter dare troppi dettagli perché alcune informazioni sono "molto riservate", Zaragoza, parlando con Cadena Ser, ha detto che al momento non è chiaro se l'uomo che ha noleggiato il furgone che ha seminato la morte sulla Rambla sia ancora in fuga o sia tra gli attentatori uccisi. Lo stesso procuratore ha poi sostenuto che i terroristi entrati in azione ieri e nella notte non sono lupi solitari, ma membri di una cellula terroristica basata in Catalogna "pianificata e organizzata".

LE BOMBE DI ALCANAR - Si fa strada intanto l'ipotesi che un'esplosione avvenuta mercoledì scorso in un'abitazione di Alcanar, a 110 km da Tarragona, potrebbe essere legata agli attacchi di ieri in Catalogna. Un uomo arrestato dopo l'esplosione potrebbe infatti aver affittato uno dei furgoni legati a Barcellona e Cambrils. Lo ha riferito il ministro regionale degli Interni della Catalogna Joaquim Forn che, in una dichiarazione alla radio Cadena SER, ha anche spiegato che potrebbe esserci un rapporto "di parentela" tra l'uomo arrestato e i cinque terroristi uccisi dai Mossos a Cambrils. Tra le ipotesi al vaglio degli inquirenti, non è esclusa l'ipotesi che il materiale esploso nella casa di Alcanar fosse stato preparato per esplodere nell'attentato di ieri di Barcellona. Lo scrive il quotidiano La Vanguardia. Nell'esplosione un uomo è morto.

Driss Oukabir è stato per ore considerato come la persona che aveva affittato il furgone usato nell'attacco sulla Rambla di Barcellona. Poi il giovane - o una persona che si è identificata come tale - si è presentato in commissariato a Ripoll, dove risiede (a circa 80 km dalla città catalana), negando ogni responsabilità nell'attentato.

Secondo quanto ha riferito il sindaco di Ripoll al sito 'El Diario', Driss Oukabir ha detto agli agenti che i suoi documenti sono stati rubati, si ipotizza dal fratello minore Moussa, per poter noleggiare nella località di Santa Perpetua de la Mogoda due furgoni: uno utilizzato nell'attacco a Barcellona, l'altro ritrovato in serata a Vic, a nord del capoluogo catalano. Il passaporto di Driss Oukabir è stato trovato nel furgone usato nell'attacco sulla Rambla. Nato nel 1989 in Marocco, ad Aghbala, Driss Oubakir sarebbe di nazionalità francese, come riporta il quotidiano 'La Vanguardia'. Sul suo profilo Facebook, rimosso dopo essere stato sommerso di insulti, il 28enne dice di essere nato a Marsiglia, di avere una relazione sentimentale, di essere un fan della serie TV 'Prison Break' e che il suo libro preferito è il Corano.

IL FRATELLO MOUSSA - Il 28enne era noto alla polizia: nel 2012 era uscito dal carcere di Figueres. Fonti dell'antiterrorismo avrebbero rivelato a 'El Pais' che il giovane era arrivato a Barcellona il 13 agosto scorso, proveniente dal Marocco. Poi, con il passare delle ore, su alcuni media spagnoli è emersa la nuova ipotesi del coinvolgimento nell'attentato di Moussa Oukabir, 18 anni, fratello minore di Driss. Secondo 'La Vanguardia', sarebbe lui ad essere arrivato domenica scorsa a Barcellona dal Marocco.


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Allarme terrorismo, Interpol: 170 kamikaze dell'Isis pronti a colpire in tutta Europa
Il Califfato aveva già lanciato un video
per una "guerra totale" per colpire gli infedeli europei

ROMA (Italy) - L'Interpol ha fatto circolare una lista con i nomi di 173 combattenti dello Stato Islamico che potrebbero essere stati addestrati a preparare attentati suicidi in Europa come rappresaglia per le sconfitte militari subite dall'organizzazione in Medio Oriente. A rivelarlo è il britannico 'Guardian' precisando che la lista è stata messa a punto dall'intelligence americana sulla base di informazioni ottenute durante l'offensiva anti-Isis in Siria e Iraq. Portare avanti una "guerra totale per colpire gli infedeli in Europa" Era questo l'appello lanciato dall'Isis ai suoi seguaci, alla vigilia dell'inizio del mese sacro per l'Islam.


Il timore delle agenzie antiterrorismo europee è forte rispetto al rischio di attentatori suicidi determinati a raggiungere l'Europa - probabilmente individualmente - di fronte al collasso del 'califfato', si legge sul quotidiano, secondo il quale tuttavia al momento non ci sono prove dell'ingresso nei Paesi europei di qualcuno dei 173 presenti sulla lista, ottenuta dal 'Guardian'.

L'Interpol ha chiesto ai Paesi partner qualunque informazione disponibile relativa ai nomi presenti sulla lista e ogni altro dato di background personale presente sui file dei rispettivi Paesi, come attraversamento di confini, precedenti penali, dati biometrici, numeri di passaporto, attività sui social media e notizie di viaggi per poterli inserire sul database di ricerca automatica ASF.

Il documento, divulgato lo scorso 27 maggio dal segretariato generale dell'Interpol, definisce il gruppo di combattenti come individui "che possono essere stati addestrati a costruire e piazzare ordigni esplosivi improvvisati in modo da provocare gravi conseguenze, con morti e feriti". "Si ritiene che possano viaggiare su scala internazionale, per prendere parte ad attività terroristiche". I dati sono stati raccolti alla fonte dall'intelligence americana "attraverso canali affidabili". Il materiale è stato quindi fatto pervenire all'Fbi che lo ha trasmesso all'Interpol. La lista contiene i nomi dei sospetti, la data in cui sono stati reclutati dall'Isis, il loro ultimo indirizzo conosciuto con la loro moschea di riferimento, il nome della madre, alcune fotografie.

Portare avanti una "guerra totale per colpire gli infedeli in Europa" durante il Ramadan. E' l'appello lanciato dall'Isis ai suoi seguaci, alla vigilia dell'inizio del mese sacro per l'Islam. Lo riportano i media britannici. In un video pubblicato su YouTube dal titolo "Dove sono i leoni della guerra?", lo Stato islamico invita i "fratelli musulmani in Europa ad attaccare gli europei nelle loro case, nei mercati, nelle strade e nei raduni".


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L'Europa sotto attacco dell'Isis, a Bruxelles la polizia uccide uomo con cintura esplosiva
Tra capitali in tre giorni. L'esplosione ha provocato panico e scene di terrore nella stazione

ROMA (Italy) - Allarme a Bruxelles. Sono state evacuate la stazione centrale e la Gran-Place. La polizia ha neutralizzato un uomo con indosso una cintura esplosiva. Alla stazione centrale sarebbe stata registrata una esplosione. Interrotta la circolazione di treni e della metropolitana. La polizia belga assicura in un tweet che la situazione è sotto controllo. L'uomo è stato neutralizzato alla stazione centrale, ha reso noto la procura belga. Secondo i pompieri, l'esplosione registrata alla stazione centrale è stata di bassa intensità e non ha provocato vittime.


La Grand Place e la stazione centrale di Bruxelles sono state evacuate dopo un'esplosione avvenuta nello scalo ferroviario. Un presunto terrorista è stato ucciso dalla polizia. Avrebbe avuto con sé una cintura esplosiva. La polizia fa sapere che si è trattato di un fallito attentato e che la situazione è sotto controllo. Non ci sarebbero feriti. Le linee della metropolitana 1 e 5 sono state chiuse su ordine della polizia, fermato anche il traffico ferroviario. L'esplosione ha provocato panico e scene di terrore nella stazione. "Il primo ministro Charles Michel e il ministro degli Interni, Jan Jambon seguono la situazione dal centro di crisi", ha detto il portavoce governativo, Frédéric Cauderlier.


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Anche Parigi sotto attacco di "cani sciolti islamisti", auto esplosiva contro mezzo della Polizia
L'auto dei terroristi si è incendiata ma non è esplosa. Morto l'attentatore

ROMA (Italy) - Paura sugli Champs-Elysées a Parigi. Un veicolo si è lanciato contro un camioncino della gendarmeria prima di incendiarsi. Allarme a Parigi nella zona degli Champs-Elysées, dove un uomo, alla guida di un'auto, si è diretto volontariamente contro un furgone della polizia. L'automobilista, bloccato e subito arrestato, è morto: l'auto era andata a fuoco nell'impatto. Si tratta di un "atto terroristico", dicono fonti del ministero dell'Interno. Lo schianto è avvenuto all'altezza della fermata della metropolitana Franklin Roosevelt. Non ci sono feriti.


L'uomo che ha lanciato la sua auto contro il furgone era noto ai servizi di sicurezza che lo avevano schedato con la 'fiche S', quella riservata ai ricercati che rappresentano una potenziale minaccia per la sicurezza dello Stato. L'individuo era in possesso di armi - tra cui un Kalashnikov - proiettili e una o due bombole di gas. 'Le Parisien' parla di un uomo di 31 anni nato a Argenteuil, in Val-d'Oise che aveva con sé anche una pistola. Secondo alcune ricostruzioni, il sospetto ha superato il furgone sulla destra prima di lanciarsi contro l'altro veicolo. A quel punto si è scatenato l'incendio all'interno dell'abitacolo. Il portavoce del ministero dell'Interno, Pierre-Henry Brandet, ha poi fatto sapere che "i soccorsi procedono a rilento poiché è in corso un'operazione di sminamento". Non ci sono feriti. La stazione della metropolitana Champs-Elysées-Clémenceau è stata chiusa per motivi di sicurezza. La sezione antiterrorismo della procura di Parigi ha aperto un'inchiesta.

"L'attentatore degli Champs-Elysées è morto". Ad annunciarlo è il ministro dell'Interno, Gerard Collomb che precisa: "Ancora una volta le forze di sicurezza in Francia sono state colpite con questo tentativo di attentato sugli Champs-Elysées. Nell'auto - aggiunge - c'erano un certo numero di armi ed esplosivi che avrebbero dovuto consentire di far esplodere il veicolo". Collomb conferma infine "l'alto livello di minaccia terroristica" e la necessità di varare la nuova legge antiterrorismo promessa dal presidente Macron.

L'uomo era schedato dall'Intelligence - L'uomo è nato nel 1985 ad Argenteuil (Val-d'Oise) ed era schedato con la lettera "S", sigla riservata per i sospetti radicalizzati. Lo riferisce il quotidiano Le Parisien. L'attacco nei pressi dell'Eliseo - L'azione, che si è conclusa davanti al commissariato dell'VIII arrondissement, si è svolta a poche centinaia di metri dall'Eliseo, dove questa sera il presidente Emmanuel Macron riceverà per una cena ufficiale il re di Giordania, Abdallah II. L'uomo che ha lanciato la sua auto contro un furgone della gendarmeria francese sugli Champs-Elysées a Parigi era noto ai servizi di sicurezza che lo avevano schedato con la 'fiche S', quella riservata ai ricercati che rappresentano una potenziale minaccia per la sicurezza dello Stato.

L'individuo era in possesso di armi - tra cui un Kalashnikov - proiettili e una o due bombole di gas. Le Parisien parla di un uomo di 31 anni nato a Argenteuil, in Val-d'Oise che aveva con sé anche una pistola. Secondo alcune ricostruzioni, il sospetto ha superato il furgone sulla destra prima di lanciarsi contro l'altro veicolo. A quel punto si è scatenato l'incendio all'interno dell'abitacolo.


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Londra sempre nel mirino del terrorismo, furgone falcia musulmani davanti alla moschea
Si conta un morto e diversi feriti. L'attentatore è stato arrestato

ROMA (Italy) - Un van ha travolto un gruppo di fedeli al termine della preghiera serale per il Ramadan vicino a una moschea nel nord di Londra: una persona è morta e almeno altre otto sono rimaste ferite. Un uomo bianco, di 48 anni, è stato arrestato per omicidio. La polizia indaga per terrorismo. Ancora terrore a Londra. Un veicolo, forse un furgone, ha travolto numerose persone a Finsbury Park, nella zona nord della città. Il bilancio è di un morto e 8 feriti. La notizia ha trovato conferma in una nota della polizia che indica in Seven Sisters road la zona dell'allarme e riferisce di un arresto effettuato. L'incidente è avvenuto nei pressi di una moschea nei giorni del Ramadan.


L'uomo alla guida, un 48enne, è stato arrestato dalla polizia che, secondo quanto ha dichiarato la premier Theresa May, indaga sull'accaduto come "un potenziale attacco terroristico". E' in programma una riunione di emergenza, ha sottolineato la premier aggiungendo: "Tutti i miei pensieri sono con le vittime, con le loro famiglie e con i servizi di emergenza presenti sulla scena dell'incidente".

L'autista del van, che "come precauzione" è stato portato in ospedale dopo l'arresto e "sottoposto a esami per accertarne lo stato mentale", avrebbe urlato "ucciderò tutti i musulmani". E' quanto ha raccontato ai media britannici un testimone, Abdulrahman Saleh Alamoudi, secondo il quale il sospetto si è lanciato volontariamente contro il gruppo di fedeli. "Questo grande furgone - ha raccontato - è piombato su tutti noi. Credo che almeno otto-dieci persone siano rimaste ferite. Fortunatamente io sono riuscito a fuggire e un ragazzo è uscito dal furgone cercando di scappare a piedi". A quel punto Alamoudi con altre due persone sono riusciti a bloccarlo e trattenerlo fino all'arrivo della polizia. "Urlava 'ucciderò tutti i musulmani, ucciderò tutti i musulmani'. E lanciava pugni. E quando siamo riusciti a metterlo a terra diceva: 'Uccidetemi, uccidetemi'".

"In questa fase iniziale non ci sono altri sospetti, tuttavia l'indagine continua", scrive su Twitter la Metropolitan Police di Londra. La precisazione arriva dopo che diverse testimonianze riportate dai media britannici parlavano di altre persone coinvolte nell'attacco e fuggite dopo lo schianto del furgone. "Come precauzione" anche l'autista del furgone è stato portato in ospedale. Sarà sottoposto ad esami per accertarne lo stato mentale", si legge in un comunicato di Scotland Yard.

Il Consiglio musulmano, organizzazione che rappresenta i musulmani britannici, ha affermato che il furgone ha travolto i fedeli all'uscita del Muslim Welfare House, un centro sociale islamico che si trova a Seven Sisters Road, dove si erano riuniti per mangiare e dire le tradizionali preghiere serali del Ramadan. "Siamo stati informati che un camion ha colpito i fedeli mentre uscivano dalla moschea di Finsbury Park."


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Terrorismo, ecco la lista dei paesi più rischiosi per viaggiatori e residenti
L'Italia per ora è fuori dall'elenco dei 48 più critici ma l'attenzione resta sempre alta

ROMA (Italy) - Germania, Francia, Gran Bretagna, Turchia, Spagna. Non è il girone del campionato europeo di calcio. E' una lista molto più macabra: la "classifica" dei Paesi a più alto rischio attentati. La nazione in questi giorni nel mirino dei terroristi è l'Inghilterra, dove il livello di allerta è massimo, a seguito degli attentati di matrice jihadista che nelle ultime settimane hanno ripetutamente sconvolto Londra. L'MI5, l'agenzia per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito, ha infatti innalzato il livello di minaccia da "grave" a "critico". L’Italia per ora non figura nella lista dei 48 Paesi più a rischio ma la guardia resta sempre altissima.


Secondo l'MI5, e come riportato dal britannico Telegraph, attualmente sono 48 i paesi nei quali un attacco terroristico di matrice islamista è ritenuto "probabile": Afghanistan, Algeria, Australia, Bahrain, Bangladesh, Belgium, Burkina Faso, Burma (Myanmar), Cameroon, Chad, Colombia, Egypt, France, Germany, India, Indonesia, Iraq, Israel, Ivory Coast, Jordan, Kenya, Kosovo, Kuwait, Lebanon, Libya, Malaysia, Mali, Mauritania, Morocco, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestinian territories, Philippines, Russia, Saudi Arabia, Senegal, Somalia, Somaliland (autonomous region of Somalia), Spain, Syria, Thailand, Tunisia, Turkey, UAE, United States, Western Sahara, Yemen.

Per quel che riguarda l'Europa occidentale, a comparire nella lista sono la Germania, che a dicembre è stata vittima con l'attentato al mercatino di Natale di Berlino, la Francia, oggetto di numerosissimi attacchi soprattutto a partire da quello a Charlie Hebdo nel 2015, e la Spagna, colpita alcuni anni fa. Anche la Turchia compare nell'elenco dell MI5. Nell'ultimo anno in particolare, gli attentati hanno messo in ginocchio Istanbul e Ankara. L'allerta si è innalzata anche in Belgio, la cui capitale nel marzo dello scorso anno ha pagato la furia jihadista con più di 30 morti. Non più sicuri risultano essere la quasi totalità dei Paesi del Nord Africa, inclusi Marocco, Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto e anche una serie di altri Paesi frequentemente visitati, come Stati Uniti, Kenya, Thailandia, Indonesia, Russia, Colombia, Australia e Filippine.

L’Italia non figura nella lista dei 48 Paesi più a rischio ed è al “livello 3”, quindi quello immediatamente precedente al più alto. E quali sono invece i Paesi meno a rischio? La lista dei Paesi dove la minaccia terroristica è più bassa, cioè al “livello 1”, include Islanda, Bolivia, Ecuador, Polonia, Repubblica Ceca, Svizzera, Ungheria, Vietnam e Giappone.


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La crisi araba e il terrorismo mette in ginocchio il medio oriente
Il Qatar accusato di favorire i terroristi da Arabia Saudita, il Bahrein, l'Egitto, Yemen e gli Emirati Arabi Uniti

ROMA (Italy) - L'Arabia Saudita, il Bahrein, l'Egitto, Yemen e gli Emirati Arabi Uniti hanno tagliato i legami con il Qatar, accusando l'emirato di compromettere la sicurezza dei suoi vicini e di finanziare il terrorismo. I Paesi arabi hanno chiuso le frontiere e chiesto ai cittadini del Qatar di lasciare i propri territori entro due settimane. L'Egitto ha dato 48 ore di tempo all'ambasciatore di Doha al Cairo per lasciare il Paese. Per il governo yemenita "sono chiare le pratiche del Qatar che ha rapporti con le milizie golpiste", ovvero con i ribelli sciiti Houthi, e che "sostiene i gruppi estremisti".


Il governo yemenita - appoggiato da Riad - annuncia quindi il suo sostegno alla decisione di escludere il Qatar dalla coalizione militare araba a guida saudita che dal marzo 2015 interviene a suo sostegno nella guerra contro i ribelli sciiti Houthi. Il ministero degli Esteri saudita, in un tweet, ha affermato che per proteggere "la sicurezza nazionale dalle minacce del terrorismo e dell'estremismo, l'Arabia saudita ha deciso di tagliare le relazioni diplomatiche e consolari con lo Stato del Qatar".

GOVERNO TOBRUK - Anche il ministro degli Esteri libico di Tobruk, Mohamed al-Dairi, ha annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche tra le autorità della Libia orientale e il Qatar: lo notizia viene riportata dall'agenzia di stampa ufficiale saudita Spa. In un comunicato, al-Dairi conferma "la decisione di rompere le relazioni con lo Stato del Qatar in solidarietà con i fratelli del Regno dell'Arabia Saudita, del Regno del Bahrain, degli Emirati Arabi Uniti e della Repubblica araba d'Egitto".

MALDIVE - Anche le Maldive annunciano l'interruzione delle relazioni diplomatiche con il Qatar. "Le Maldive hanno sempre seguito una politica di promozione della pace e della stabilità in Medio Oriente - si legge in una nota del ministero degli Esteri -. Le Maldive ribadiscono l'impegno a lavorare con i Paesi che promuovono la pace e la stabilità e lavorano insieme nel contrasto al terrorismo".

PAKISTAN - Il governo di Islamabad prende le distanze dalla crisi tra i Paesi del Golfo Persico: "Non ha nell'immediato piani" per l'interruzione delle relazioni diplomatiche con il Qatar, ha assicurato il portavoce del ministero degli Esteri pakistano, Nafees Zakaria. L'Arabia Saudita è uno degli alleati chiave del Pakistan. "Al momento non c'è nulla riguardo la questione del Qatar, diffonderemo una nota se ci saranno sviluppi", ha precisato Zakaria, citato dalla tv locale Geo.

RELAZIONI DIPLOMATICHE - Il Bahrain conferma inoltre il ritiro dello staff diplomatico da Doha e concede 48 ore di tempo ai diplomatici del Qatar per lasciare il Bahrain. Come indicato in una nota riportata dall'agenzia di stampa ufficiale Bna, è confermata anche la "chiusura entro 24 ore" dello spazio aereo e dei porti per il traffico aereo e le navi da e per il Qatar. Manama vieta i viaggi in Qatar, mentre ai cittadini del Qatar vengono concessi 14 giorni per lasciare il Bahrain.

COALIZIONE MILITARE - E la coalizione militare araba a guida saudita che interviene in Yemen ha annunciato l'esclusione del Qatar dall'alleanza. La notizia viene riportata dall'agenzia di stampa ufficiale saudita Spa. Tra le ragioni indicate ci sono le accuse di sostegno ad al-Qaeda e Is.

LA REAZIONE - Il ministero degli Esteri del Qatar critica Arabia Saudita, Bahrain, Egitto ed Emirati Arabi Uniti: per il ministero degli Esteri di Doha - come riporta la tv satellitare al-Jazeera - si tratta di "misure ingiustificate", che "si basano su rivendicazioni e accuse prive di fondamento".

IRAN CRITICO - Per Hamid Aboutalebi, consigliere del presidente iraniano Hassan Rohani, "rompere i rapporti diplomatici e chiudere i confini" non è "un modo per risolvere le crisi" che attraversano il Medio Oriente. "Aggressione e occupazione portano solo a instabilità", ha aggiunto Aboutalebi in una serie di tweet in cui fa riferimento all'intervento della coalizione araba a guida saudita in Yemen. Teheran è accusata di sostenere i ribelli sciiti Houthi che dal settembre 2014 occupano la capitale yemenita Sana'a.

Cosa c'è dietro la crisi araba nel golfo - Nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti all'annuncio con cui Arabia Saudita, Bahrein, Egitto e gli Emirati Arabi Uniti hanno reso noto il taglio delle relazioni con il Qatar, accusato di finanziare il terrorismo, sono state infatti pubblicate mail rubate all'ambasciatore a Washington degli Emirati, Yousef al Otaiba, considerato l'uomo che ha cementato la forte alleanza tra Washington e gli Eau nella lotta allo Stato Islamico.

Le mail sono state inviate a testate come 'Daily Beast' e 'Huffington Post Usa' da un gruppo hacker che si è presentato come "GlobalLeaks" e che ha dichiarato l'intento di dimostrare come "piccoli Paesi molto ricchi o società usano lobbisti per danneggiare gli interessi americani e quelli dei loro alleati".

I documenti pubblicati nei giorni scorsi, con l'ultimi gruppo di mail diffuso proprio ieri, sono principalmente messaggi di Otaiba con interlocutori americani o basati a Washington con cui spinge affinché gli Stati Uniti prendano le distanze politiche dal Qatar. Interpellata dal 'Daily Beast', l'ambasciata del Qatar a Washington ha confermato che l'indirizzo mail che appare nei messaggi è del capo delegazione, che si muove con grande abilità nei circoli della capitale americana, tanto da essere soprannominato "the most charming man in Washington".

Nell'ultimo gruppo di documenti pubblicati, scrive l''Huffington Post Usa', vi sono mail tra Otaiba e funzionari dell'ex amministrazione democratica, analisti dell'Atlantic Council, think tank che riceve finanziamenti emiratini. Ma anche con Elliott Abrams, diplomatico rimasto coinvolto e condannato per lo scandalo Iran-Contra, poi graziato dal presidente Bush padre e diventato un consigliere influente di Bush figlio. Vicino ad alcuni esponenti dell'amministrazione, Abrams era apparso anche tra i candidati all'incarico di vice segretario di Stato.

Nei giorni scorsi erano già state pubblicate le prime mail private di Otaiba, anche all'ex ministro della Difesa delll'amministrazione Obama, Robert Gates, in cui veniva espresso il desiderio che gli Stati Uniti chiudessero la loro base militare in Qatar e criticassero pubblicamente la politica qatarina. Tra le mail pubblicate dall''HuffPost' - che afferma di aver confermato l'autenticità di almeno 6 messaggi - una del febbraio 2015 in cui Otaiba inoltrava ad Abrams un post dell'Atlantic Council in cui si suggeriva che il Qatar stesse intervenendo in Egitto a sostegno dei Fratelli Musulmani con l'obiettivo di destabilizzare il governo.

Abrams ha confermato di essere amico da anni dell'ambasciatore emiratino e di scambiare con lui mail regolarmente e che "la politica estera del Qatar è oggetto di molte di queste mail, ma dopo 15 anni non abbiamo visto molti cambiamenti nella politica".

Un'altra delle mail confermata come autentica risale al luglio 2015, quando un analista dell'Atlantic Council raccomandava all'ambasciatore di vedere un documentario sulla bufera per lo scandalo di corruzione che aveva investito la Fifa. "Fifa e Qatar insieme sono il simbolo della corruzione", rispose Otaiba riferendosi al fatto che il Paese ospiterà i mondiali di calcio nel 2022.

Anche l'analista del think tank Bilal Saab ha ammesso di avere rapporti regolari con il diplomatico, ma si è difeso affermando di averli anche con quelli del Qatar e di aver criticato la campagna per far crescere lo scetticismo nei confronti del Qatar negli Stati Uniti avviata dagli Emirati.

Nei messaggi di accompagnamento alle mail, la fonte ha negato ogni relazione con il Qatar, sostenendo invece di essere un sostenitore del presidente Trump per la sua dichiarata politica di mettere gli interessi americani al primo posto. L'intento - ha affermato ancora l'hacker che a volte scrive al plurale, suggerendo che vi sia gruppo di persone dietro il leak - è di dimostrare come gli Emirati hanno cercato di "manipolare i nostri media".

I leak, e il clamoroso strappo diplomatico nel Golfo Persico, sono arrivati infatti dopo settimane di guerra mediatica culminata alla fine di maggio, proprio nei giorni immediatamente successivi alla visita di Trump a Riad, con la decisione di Arabia Saudita ed Emirati di bloccare i siti del Qatar, compresi quello di 'al Jazeera'. Una mossa in risposta alle dichiarazioni pubblicate dall'agenzia di stampa statale, nelle quali l'emiro qatarino criticava Donald Trump, descriveva l'Iran come una forza di destabilizzazione e minacciava di ritirare gli ambasciatori.

Lanci che sono stati denunciati come fake news dal Qatar che ha subito denunciato un attacco hacker e avviato un'inchiesta per colpire i responsabili. Lo scontro è apparso subito come la punta dell'iceberg delle pressioni a cui è sottoposta l'amministrazione Trump per la revisione della sua alleanza con il Qatar alla luce del suo sostegno ad Hamas e ai Fratelli musulmani.


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Londra ripiomba nel terrore, terroristi uccidono 7 persone e ne feriscono 50
Iesi sera nella capitale, passanti sgozzati con coltelli e altri investiti per strada con un furgone

ROMA (Italy) - Londra ripiomba nel terrore a pochi giorni dalle elezioni legislative: ieri sera, alle 23.08 (le 22.08 in Italia) un furgoncino bianco si è lanciato contro i passanti sulla parte Sud del London Bridge, travolgendo delle persone e, subito dopo, degli uomini armati di coltelli sono usciti dal veicolo e si sono diretti verso il Borough Market, area punteggiata di locali e molto frequentata il sabato sera, colpendo chi si ritrovavano davanti. Sette i morti e 48 i feriti, secondo la polizia, che è velocemente intervenuta, rispondendo alle chiamate di soccorso e che ha freddato tre attentatori. Nella notte un altro episodio di violenza con l’uso di coltelli.


Allarme a Londra dove un commando di terroristi composto da diverse persone ha seminato il panico. L'attacco è cominciato sul London Bridge, dove un pulmino ha investito diversi passanti. Altri civili sono stati poi accoltellati a Borough Market. Tre gli aggressori uccisi dalla polizia, secondo la quale ci sarebbero almeno sette vittime tra i civili. Oltre 48 i feriti.

Ecco cosa sappiamo sino ad ora di questo nuovo attentato nel cuore di Londra, che arriva a meno di due settimane da quello di Manchester, costato la vita a 22 persone, e a poco più di un mese da quello a due passi da Westminster, di simile dinamica. Quante sono le vittime La polizia ha confermato la morte di sette persone. I servizi di soccorso hanno riferito che 48 persone sono state portate in ospedale, con ferite di diverso grado riportate nell’attacco. Altre sono state curate sul luogo per “ferite minori”. Alcuni testimoni oculari hanno parlato di “cinque o sei passanti” travolti sul ponte. Altri dal Borough Market hanno riferito di “diverse persone attaccate poi a colpi di coltelli”.

L’attacco è avvenuto nel cuore di Londra, nelle immediate vicinanze della stazione London Bridge, trafficatissimo snodo della metropolitana londinese. Il London Bridge costituisce una delle principali arterie stradali della capitale britannica, che porta alla City, il quartiere della finanza. Sulla parte sud del London Bridge, dove sono entrati in azione gli attentatori, si staglia lo Shard skyscraper, l’edificio più alto di tutta la Gran Bretagna. Per ora gli inquirenti non hanno diffuso alcuna informazione sull’identità dei tre uccisi. Sui corpi di almeno uno degli attentatori è stata ritrovata una sorta di cintura da kamikaze, poi rivelatasi falsa. Secondo la Bcc, uscendo dal pullmino i tre avrebbero gridato “lo facciamo per Allah”, ma si tratta di testimonianze raccolte nel caos subito dopo l’attentato. La reazione delle forze dell’ordine e delle autorità. Gli attacchi sono stati dichiarati “eventi terroristici” alle 23.25, ora italiana. Con il livello di allerta altissimo dopo i recenti attentati, l’intervento della polizia è stato rapido.


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Trump a Bruxelles chiede l'intervento della NATO contro Isis e Al Qaeda
Tutti i 28 alleati della Nato sono membri della coalizione globale contro il terrorismo

ROMA (Italy) - Primo vertice dei 28 oggi di Stato e di governo della Nato dopo l'arrivo alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, e di Emmanuel Macron in Francia. L'agenda del summit prevede innanzitutto l'inaugurazione di due memoriali nel nuovo quartier generale: il primo, da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel, dedicato alla caduta del muro di Berlino nel 1989 (si tratta di un frammento del Muro che simboleggia la vittoria della libertà contro l'oppressione); e il secondo, da parte di Trump, dedicato al World Trade Center distrutto dagli attentati terroristici dell'11 settembre 2001.


"Tutti i 28 alleati della Nato sono membri della coalizione globale" contro l'Is. "Oggi concorderemo l'ingresso della Nato nella coalizione, cosa che manderà un forte messaggio di impegno nella lotta contro il terrorismo e migliorerà il coordinamento all'interno della coalizione. Ma ciò non significa che la Nato si impegnerà in operazioni di combattimento". Lo dice il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a Bruxelles.

"Tredicimila militari Nato continuano ad addestrare le forze afghane - ha aggiunge - valuteremo il nostro livello di supporto e il futuro della missione: addestrare le forze locali è uno dei mezzi migliori per combattere il terrorismo. Stiamo già addestrando le forze irachene e i nostri aerei Awacs (aerei radar, ndr) forniscono informazioni alla coalizione globale per sconfiggere l'Isis. Oggi decideremo di espandere il nostro sostegno alla coalizione, con più tempo di volo per gli Awacs, più condivisione delle informazioni e rifornimenti in aria".

Nel summit dei capi di Stato e di governo della Nato "concorderemo di creare una nuova unità dedicata all'intelligence sul terrorismo qui, nel quartier generale, per migliorare la condivisione delle informazioni, anche sui foreign fighters" prosegue Stoltenberg. "E decideremo di nominare un coordinatore che sovrintenda agli sforzi della Nato nella lotta contro il terrorismo".

Intanto l'Aeronautica Usa invierà in Europa per un programma di addestramento alcuni F-35 nella versione A, a decollo e atterraggio tradizionali. Lo ha annunciato il Pentagono. I caccia di nuova generazione prodotti dalla Lockheed Martin, che verranno acquisiti anche dall'Italia, saranno impegnati per diverse settimane in missioni di addestramento con altri velivoli statunitensi e Nato nell'ambito della European Reassurance Initiative, l'iniziativa lanciata nel 2014 per rafforzare la presenza militare Usa in Europa.


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L'Isis abbassa il tiro e punta alle stragi di giovani e bambini, il bilancio è di 22 morti e 60 feriti
Manchester colpita a morte al concerto della pop star Ariana Grande idolo degli adolescenti

ROMA (Italy) - Ventidue persone sono morte e 59 - compresi 12 ragazzi sotto i 16 ann i - sono rimaste ferite nell'esplosione avvenuta ieri sera a Manchester, alla fine di un concerto di Ariana Grande. L'attentatore ha un nome: la notizia giunge da fonti Usa che indicano nel 23enne Salman Abedi l'autore della strage. L'esplosione è avvenuta poco dopo le 22.30 alla Manchester Arena, dove la cantante si era appena esibita davanti a una folla composta per lo più da adolescenti. Alcuni media hanno parlato di una "bomba farcita di chiodi" usata come ordigno.

L'attentatore suicida di Manchester ha un nome. La notizia giunge da fonti Usa che indicano nel 23enne Salman Abedi l'autore della strage. La premier Theresa May stamani aveva detto che le autorità britanniche erano a conoscenza dell'identità dell'attentatore, ma non ritenevano di poterne dare conferma in questa fase dell'inchiesta.


L'attacco è stato rivendicato dall'Is. Rita Katz - direttrice di Site, il sito di monitoraggio delle attività jihadiste sui social media - ha diffuso tramite Twitter un messaggio dell'organizzazione nel quale il sedicente Stato Islamico rivendica "la morte e il ferimento di circa 100 crociati nell'esplosione di ordigni nella città britannica di Manchester".

L'esplosione è avvenuta poco dopo le 22.30 alla Manchester Arena, dove la cantante si era appena esibita davanti a una folla composta per lo più da adolescenti. Alcuni media hanno parlato di una "bomba farcita di chiodi" usata come ordigno. Il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins, ha confermato che si è trattato di una singola esplosione provocata da un attentatore kamikaze che aveva un "ordigno rudimentale che ha fatto detonare provocando questa atrocità". Tra le vittime, ha spiegato il capo della polizia, ci sono bambini. Nei corpi di alcune delle persone coinvolte sono stati trovati bulloni, con cui era stato riempito l'ordigno. Lo hanno raccontato i parenti di alcune delle vittime, tra cui Paul Dryhurst, la cui nipote 32enne, Kelly Brewster, si ritiene sia rimasta uccisa (ufficialmente è ancora dispersa) alla Manchester Arena, dove era andata con la sorella Claire Booth e la figlia di lei, Hollie, 11 anni.

L'ATTENTATORE - L'attentatore suicida di Manchester ha un nome. La notizia giunge da fonti Usa che indicano nel 23enne Salman Abedi l'autore della strage. La premier Theresa May stamani aveva detto che le autorità britanniche erano a conoscenza dell'identità dell'attentatore, ma non ritenevano di poterne dare conferma in questa fase dell'inchiesta.

Nato a Manchester nel 1994, Abedi era il secondo dei quattro figli di una coppia di rifugiati libici, emigrati nel Regno Unito per sfuggire al regime del colonnello Gheddafi. Il Telegraph riferisce che sua madre, Samia Tabbal, 50 anni, e il padre Ramadan Abedi, una guardia giurata, hanno vissuto a Londra prima di trasferirsi nel quartiere di Fallowfield, a sud di Manchester, dove hanno trascorso almeno 10 anni. Notizie non confermate riferiscono che l'intera famiglia Abedi, a parte i due figli più grandi, avrebbe fatto ritorno in Libia.

La sorella minore di Abedi, la 18enne Jomana, riporta ancora il Telegraph, ha due profili Facebook. La giovane ha studiato alla Whalley Range High School, prima di trovare un impiego alla moschea di Didsbury, nel 2013. Sebbene sia nata a Manchester, la giovane afferma sul suo profilo di essere di Tripoli e di avere molti contatti in Libia. Nel suo profilo si fa anche riferimento alla necessità di indossare il velo islamico.

I FATTI - La deflagrazione è avvenuta nel foyer, poco lontano dalla biglietteria, mentre gli spettatori stavano iniziando a lasciare l'area, tra le più grandi in Europa, che ha una capienza di circa 20mila persone. E ieri sera, per Ariana Grande, era affollata di giovanissimi. In pochi minuti è stato il panico, con centinaia di persone che urlavano, cercando una via di fuga, come mostrano i video pubblicati sui social. La folla si è subito riversata in strada, mentre arrivavano i primi soccorsi. Tante le testimonianze dei presenti, per lo più confuse.

"Ariana aveva appena finito di cantare e stava lasciando il palco - ha raccontato un testimone alla Cnn - Mi sono guardando intorno perché ho sentito un boato, e poi tanta gente che urlava e piangeva e si riversava verso l'uscita, per allontanarsi dall'arena". All'inizio si è parlato di due esplosioni, ma poi la polizia ha fatto chiarezza, specificando che si trattava di una sola deflagrazione. Pochi minuti dopo l'esplosione un secondo pacco sospetto è stato trovato poco distante dal luogo dell'attacco ed è stato fatto brillare, ma si è trattato di un falso allarme. Su Twitter, Ariana Grande si è detta "distrutta" .

LA PREMIER THERESA MAY - Stamattina la premier inglese Theresa May ha convocato il comitato per la Sicurezza 'Cobra' e ha poi sospeso la campagna elettorale del partito conservatore in vista delle elezioni del prossimo mese. La premier britannica ha parlato di "orribile attacco terroristico". Tutti gli attacchi sono "terribili", ha detto May in una dichiarazione davanti a Downing Street, ma quello di Manchester è "orribile, disgustoso e vigliacco". Lo "spirito di Manchester" ha aggiunto May, è raffigurato dalle immagini delle squadre di emergenza che hanno prestato soccorso alle vittime dell'attentato di ieri sera. I terroristi non vinceranno, ha quindi ribadito, e "i nostri valori prevarranno sempre".

Si tratta del peggiore attentato nel Regno Unito dal 7 luglio del 2005, quando a Londra una serie di esplosioni causate da attentatori suicidi provocarono 56 morti.

FARNESINA - Anche l'Unità di crisi della Farnesina e l'Ambasciata d'Italia a Londra "sono in stretto contatto con le autorità inglesi per verificare l'eventuale presenza di italiani e prestare ogni possibile assistenza ai connazionali presenti nel Regno Unito in relazione all'esplosione avvenuta a Manchester questa notte" si legge in una nota del ministero degli Esteri.

GLI APPELLI SOCIAL - "Per favore, aiutateci a trovarla". E' quanto si legge in uno degli appelli disperati lanciati in queste ore sui social media dai parenti dei dispersi nell'attacco avvenuto la notte scorsa alla Manchester Arena alla fine di un concerto di Ariana Grande. Una serie di messaggi correlati da foto pubblicati da familiari e amici che, tramite l'hashtag #ManchesterMissing, stanno cercando notizie dei propri cari irraggiungibili da ormai diverse ore. Intanto si moltiplicano i post contenenti tutte le informazioni utili, dal numero di emergenza - 0161 856 9400 - istituito dalla polizia per aiutare i genitori a localizzare i ragazzi, al servizio 'Safety Check' di Facebook, che consente di segnalare che non si è in pericolo.


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Il Califfato ritorna a colpire Parigi, terrorista spara ad agente e muore nel conflitto a fuoco
L'attentato rivendicato dall'Isis a tre giorni dalle elezioni presidenziali francesi

ROMA (Italy) - Primi arresti a poche ore dall'attentato di Parigi. Tre familiari dell'attentatore, Karim C, morto durante l'attacco, sono stati arrestati. Lo riferiscono le agenzie, citando fonti giudiziarie. Dalla rivendicazione dell'Isis - tramite l'agenzia Amaq, che ha riferito che l'attacco è stato compiuto da "combattenti" dello Stato Islamico, uno dei quali viene individuato in Abu Yusuf al Beljiki, ovvero 'il belga' - sembra che ci sia un complice. Sarebbe lui l'uomo segnalato dai servizi belgi ai colleghi francesi dopo l'attacco come un possibile sospetto e che oggi si è presentato a un commissariato di Anversa.


I servizi segreti francesi e la polizia conoscevano già il 39enne che ieri sera ha aperto il fuoco con kalashnikov un contro gli agenti di polizia sugli Champs-Elysées a Parigi. Noto alle autorità come soggetto radicalizzato, sull'avenue parigina ha ucciso un poliziotto, ferendo altri due agenti e una turista straniera, prima di venire freddato. La sua identità è "nota e verificata" ha spiegato ieri il procuratore della Repubblica, François Molins parlando alla stampa, rifiutandosi però di rivelare l'identità dell'uomo ai fini delle indagini.

Mentre la polizia francese si è messa sulle sue tracce, conducendo perquisizioni nel domicilio del 39enne, l'attacco è stato prontamente rivendicato dall'Is. L'agenzia Amaq, legata al gruppo jihadista, ha riferito che l'attacco è stato compiuto da "combattenti" dello Stato Islamico, uno dei quali viene individuato in Abu Yusuf al Beljiki, "il belga".

Secondo alcune fonti vicine agli inquirenti, riferisce 'Le Figaro', l'aggressore sarebbe però un francese di 39 anni, chiamato Karim C. Ora, scrive il quotidiano parigino, si tratta di capire se è lo stesso uomo citato dallo Stato Islamico. Sempre secondo le stesse fonti, ieri sera sarebbe stata effettuata una perquisizione a Seine-et-Marne, vicino Parigi, dove sarebbe domiciliato l'uomo. Si tratterebbe del titolare del libretto di circolazione del veicolo rubato e utilizzato per l'attentato. Gli inquirenti stanno cercando di capire se l'aggressore "è stato aiutato o meno da complici".

Secondo quanto riferisce 'Le Figaro', l'aggressore sarebbe stato condannato nel febbraio 2005 a 15 anni di reclusione per tre tentativi di omicidio volontario, di cui due nei confronti di poliziotti. Durante il processo d'appello aveva confermato i fatti e in prima istanza, in corte d'assise nel 2003 era stato condannato a 20 anni di carcere. Già nel 2001 l'assalitore aveva aperto il fuoco su un poliziotto. Mentre era alla guida di un'auto rubata e armato di pistola, il 39enne aveva tamponato la macchina di due fratelli, di cui uno era un allievo poliziotto.

Dopo essersi dato alla fuga, l'uomo era stato raggiunto dai due fratelli, riuscendo comunque a far fuoco su entrambi, ferendoli gravemente al petto. Arrestato e sottoposto a custodia cautelare, due giorni più tardi aveva ferito un altro poliziotto mentre veniva accompagnato fuori dalla cella. Dopo avergli sottratto l'arma, aveva sparato una raffica di colpi.


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Pasqua di sangue per i Cristiani, strage dell'Isis in Egitto: 40 morti in due chiese
Il Califfato semina terrore in terra egiziana. Preoccupazioni per la visita del Papa, il programma

ROMA (Italy) - Due esplosioni si sono verificate in due chiese cristiane copte a Tanta, a nord de Il Cairo, e ad Alessandria d'Egitto. Almeno 45 le vittime totali: nel primo attentato sono morte 27 persone, nel secondo almeno 18. Decine le persone rimaste ferite. Arrestate due persone sospettate di essere coinvolte nell'attentato di Tanta. In entrambi i luoghi di culto si stava celebrando la Domenica delle Palme. L'Isis ha rivendicato entrambi gli attacchi. Un gruppo affiliato all'Is è attivo nel nord del Sinai e negli ultimi mesi ha rivendicato diversi attacchi in Egitto, compreso uno lo scorso dicembre contro una chiesa che si trova accanto alla cattedrale copta del Cairo.


Sangue sulla Domenica delle Palme in Egitto. Almeno 27 persone sono state uccise e oltre 70 ferite a seguito dell'esplosione di una bomba avvenuta in una chiesa a Tanta, a nord del Cairo. L'ordigno era stato piazzato all'interno dell'edificio, come hanno confermato fonti della sicurezza egiziana alla televisione di stato, secondo quanto riporta il sito del quotidiano Ahram. L'Is rivendica gli attentati alla chiese copte in Egitto. Lo fa attraverso il suo organo di propaganda Amaq, come si legge su Twitter. Nella dichiarazione pubblicata oline Amaq afferma che un gruppo affiliato allo Stato Islamico è responsabile degli attentati nelle chiese copte di Tanta e Alessandria che hanno provocato almeno 36 morti e decine di feriti. Un gruppo affiliato all'Is è attivo nel nord del Sinai e negli ultimi mesi ha rivendicato diversi attacchi in Egitto, compreso uno lo scorso dicembre contro una chiesa che si trova accanto alla cattedrale copta del Cairo.

Qualche ora dopo, un altro attacco contro un'altra chiesa copta. Secondo quanto ha riportato la tv di stato egiziana, un'esplosione è avvenuta davanti alla cattedrale di San Marco ad Alessandria, sulla costa mediterranea del Paese, provocando 18 morti e 66 feriti. La deflagrazione sarebbe stata provocata da un kamikaze che si è fatto esplodere tra la folla mentre all'interno dell'edificio era in corso la messa celebrata dal patriarca Tawadros II, come ha confermato alla televisione Ontv il segretario Angelious Izhaq, precisando che Tawadros è incolume e sta bene. Disinnescati 2 ordigni in moschea a Tanta - Le forze di sicurezza egiziane hanno disinnescato due ordigni esplosivi alla moschea Sidi Abdel Rahim di Tanta, città che ospita la chiesa copta teatro dell'esplosione. La moschea è ritenuta la seconda per importanza della località. Al suo interno è presente un santuario Sufi. A provocare l'esplosione nella chiesa alessandrina di San Marco è stato un kamikaze. Il comandate delle forze di sicurezza è stato ucciso tentando di fermare l'attentatore, che si aggirava con fare sospetto sul sagrato della chiesa.

Entrambi gli attentati sono stati rivendicati dall'Is attraverso il proprio organo di propaganda Amaq, come si legge su Twitter. Il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi ha convocato una riunione d'emergenza del Consiglio nazionale di Difesa. L'organo discuterà "le conseguenze" e le misure da adottare dopo gli attacchi di oggi.

Preoccupazioni per la visita di Papa Francesco in Egitto - La partenza del Papa da Roma Fiumicino per l’aeroporto internazionale de Il Cairo avverrà alle 10 e 45 di venerdì 28. Qui si terrà l’accoglienza ufficiale. Poi la Cerimonia di benvenuto nel Palazzo presidenziale a Heliopolis, a cui seguiranno le visite di cortesia al Presidente della Repubblica e al Grande Imam di Al-Azhar. Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Pace, il Papa terrà quindi il suo primo discorso. Nel pomeriggio l’incontro e il discorso del Papa alle autorità e la visita di cortesia a S.S. Papa Tawadros II dove è previsto il terzo intervento di Francesco. La giornata di sabato 29 aprile inizierà con la Santa Messa, poi il Papa pranzerà con i vescovi egiziani. Nel pomeriggio l’incontro di preghiera con discorso al clero, i religiosi e i seminaristi. Infine la Cerimonia di congedo. La partenza di Francesco dall’aeroporto de Il Cairo è prevista alle 17 con arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino alle 20.30.

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Terrore a Stoccolma, camion killer su folla: 3 morti e decine di feriti
Il premier svedese pensa ad un attacco terroristico emulando Nizza, Berlino e Londra

ROMA (Italy) - Un camion si è lanciato contro la folla in una strada centrale di Stoccolma. Sono almeno 3 i morti e decine i feriti, come riferisce la polizia svedese. Secondo il premier Stefan Lofven, tutti gli elementi indicano che sia "un attacco terroristico". Lo schianto è avvenuto in un'affollata strada pedonale a Drottninggatan, una delle principali arterie pedonali nel cuore della capitale. Nell'immagine si vede un uomo che indossa un giubbotto con il cappuccio sulla testa, mentre si trova su una scala mobile. Su richiesta delle forze dell'ordine sono stati fermati tutti i treni in partenza e in arrivo dalla stazione centrale di Stoccolma e la metropolitana è stata chiusa.


“La Svezia è stata attaccata. Tutto lascia pensare che sia un’azione terroristica” ha detto il premier svedese Stefan Löfven dopo che nel pieno centro di Stoccolma un camion si è lanciato sulla folla facendo, secondo le prime notizie, tre morti e diversi feriti. Nel primo pomeriggio un camion si è scagliato contro i passanti nella centralissima via Drottninggatan, in una zona pedonale dedicata allo shopping. Secondo i servizi di sicurezza svedesi quello appena accaduto nel centro di Stoccolma è senz’altro un attentato. Nina Odermalm Schei , portavoce dell’intelligence svedese (Sapo), ha detto che “ci sono morti, e molti feriti”. Il Sapo, ha aggiunto sta cercando “l’autore, o gli autori dell’attentato”. Il camion era di proprietà della fabbrica di birra Spendrups, che aveva annunciato che il camion era stato rubato in tarda mattinata durante a una consegna presso il ristorante Caliente. “Mentre il nostro camionista scaricava qualcuno è salito in cabina e ha portato via il camion”. Il camion usato nell'attacco distribuiva birra per conto della società Spendrups. "E' uno dei nostri veicoli per la distribuzione. Durante una consegna al ristorante Caliente, qualcuno è saltato nella cabina di guida e ha messo in moto mentre l'autista stava scaricando", ha riferito un portavoce della società citato sui media svedesi. Altre testimonianze parlano di colpi di arma da fuoco esplosi dopo l'incidente. Dopo essersi schiantato contro un edificio che ospita un centro commerciale, il veicolo ha preso fuoco. Le prime immagini mostrano parte del camion finito dentro dentro Ahlens City, il centro commerciale più grande della città.

Alcuni testimoni hanno parlato anche di colpi d'arma da fuoco, non si sa però se esplosi dalla polizia o da altri. La polizia svedese tratta il caso come fosse terrorismo e parla di un possibile attacco terroristico. La polizia ha anche detto di aver ricevuto chiamate dalla persona che era alla guida del camion. La zona è la stessa del duplice attentato dell'11 dicembre 2010. Due veicoli, xon sei bombole di gas liquido, esplosero, il primo alle 16 e 48 all'incrocio tra Olof Palme Street e Drottninggatan e il secondo qualche minuto dopo fra Drottninggatan e Bryggargatan.


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Il Califfato sconfitto: Palmira, città patrimonio dell'umanità, ritorna in mano all'esercito siriano
I miliziani dell'Isis perdono sempre più pezzi nella lunga guerra con l'occidente

ROMA (Italy) - I jihadisti di Al Baghdadi sono stati nuovamente cacciati da Palmira. L'esercito siriano con l'appoggio dei caccia russi ha completato la riconquista dell'antica città siriana finita per due volte nelle mani dei miliziani dell'Isis. La storica città archeologica è passata di mano più volte durante i 6 anni di conflitto diventando un simbolo della distruzione gratuita da parte dei jihadisti del patrimonio culturale nelle zone che sono riusciti a prendere sotto il loro controllo. Pubblicato il video della distruzione del complesso architettonico dell’antica Palmira, sito patrimonio dell’Unesco.


Le forze governative siriane sostenute dalla Russia sono entrate oggi a Palmira, città nella Siria centrale in mano all'Isis e dove sorge il sito archeologico patrimonio mondiale dell'Unesco. Lo riferisce l'agenzia governativa siriana Sana che cita l'inviato a seguito delle truppe di Damasco. Altre fonti affermano che l'aeroporto è in mano alle forze governative e che sono invece in corso da diverse ore scontri strada per strada ai margini occidentali e meridionali della parte moderna di Palmira.

Intanto, il Ministero della Difesa russo ha pubblicato prove video della distruzione del complesso storico e architettonico dell’antica Palmira, sito archeologico patrimonio dell’Unesco. Il filmato mostra chiaramente che i terroristi dell’Isis hanno raso al suolo la parte centrale dell’antico teatro e le colonne romane del Tetrapilo, edificio a pianta rettangolare, che è stato costruito nel 270 d.C. Lo si apprende dal ministero russo.Un drone durante il monitoraggio della città di Palmira e le zone circostanti ha registrato la distruzione barbarica da parte dei terroristi Isis della facciata dell’anfiteatro romano e del Tetrapilo, le principali attrazioni della città antica. Già a gennaio l’agenzia ufficiale siriana Sana aveva annunciato che l’Isis ha distrutto il proscenio dell’antico teatro romano di Palmira, nella Siria centrale, e il Tetrapilo, una struttura colonnata sempre nel sito archeologico patrimonio dell’Unesco.

"L'Isis si è completamente ritirato da Palmira, ma l'esercito siriano sta ancora bonificando i quartieri da mine e ordigni e non si è inoltrato in tutta la città ancora", ha detto a France Presse Rami Abdel Rahman, direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, una Ong vicina all'opposizione con sede a Londra.

Nel dicembre scorso il governatore della provincia siriana di Homs, Talal Barazi, aveva annunciato che l'Isis aveva ripreso possesso della città patrimonio dell'umanità dell'Unesco. L'esercito siriano. I jihadisti avevano lanciato un contrattacco per la ripresa della città nonostante i continui bombardamenti russi, che avevano costretto i miliziani a ritirarsi. Nei numerosi raid molti combattimenti sono morti. L'Isis aveva già assunto il controllo di Palmira nel maggio del 2015. I jihadisti di Al Baghdadi erano stati cacciati dalla città dalle forze del regime nel marzo scorso, con l'aiuto dell'aviazione russa.


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Anis Amri, il tunisino sospettato della strage di Berlino, è stato ucciso questa notte a Milano
Un conflitto a fuoco con la polizia durante un normale controllo stradale a Sesto San Giovanni


ROMA (Italy) - Amri era stato fermato dalla Polizia per un controllo in piazza Primo Maggio intorno alle tre, mentre procedeva a piedi nei pressi della stazione ferroviaria. Alla richiesta di esibire un documento, il terrorista ha estratto da uno zaino una pistola calibrio 22 e ha iniziato a sparare contro gli agenti, ferendo a una spalla proprio quello che gli aveva chiesto i documenti. La pattuglia ha risposto al fuoco colpendo mortalmente Amri al petto. L'uomo era sprovvisto di documenti e quindi non è stato immediatamente identificato. Solo in seguito è stato accertato che si trattava dell'attentatore di Berlino.


L'agente ferito, Cristian Movio, è stato ricoverato in ospedale e non è in pericolo di vita. A sparare è stato un agente in prova alla Polizia di Stato: il suo nome è Luca Scatà, ha 29 anni, è di origine siciliana ed è in servizio da pochi mesi. A quanto si apprende da fonti investigative, il terrorista sarebbe arrivato in treno: nello zaino aveva un biglietto ferroviario dalla Francia per l'Italia. Prima di arrivare a Milano avrebbe fatto tappa a Torino dove era arrivato da Parigi. Sulla vicenda, a quanto apprende l'Adnkronos, sarebbero in corso accertamenti. Non aveva un telefono addosso, ma sembra che cercasse contatti a Sesto San Giovanni. Non avendo documenti, è stato identificato dalla polizia scientifica attraverso le analisi sulle sue impronte digitali. Il corpo si trova ora all'istituto di medicina legale di Milano. Presto sarà disposta l'autopsia.

Anis Amri è "sicuramente passato dalla Francia e all'una era in stazione centrale a Milano", ha affermato il questore di Milano, Antonio De Iesu, aggiungendo: "L'unica cosa che posso dirvi è questa, altri dettagli sono materia di indagine". In ogni caso se "fosse stato libero di portare avanti la sua latitanza, non sarebbe escluso che avrebbero potuto provocare altri delitti simili, con molti morti", ha detto ancora il questore: la sua pistola era "già carica e pronta all'uso". Ai poliziotti che lo stavano controllando avrebbe gridato "poliziotti bastardi" e non urlato 'Allah Akbar'.

"Siamo in stretto contatto con le autorità italiane, siamo interessati a capire se l'arma che Amri aveva a Milano sia la stessa usata nell'attacco di Berlino". Lo ha detto, in una conferenza stampa, il capo della procura federale tedesca, Peter Frank. "Vogliamo capire come sia riuscito ad arrivare a Milano e se abbia avuto l'assistenza di complici" ha poi aggiunto il procuratore sottolineando che l'inchiesta quindi continua, dopo la morte di Amri, per determinare "quali contatti abbia avuto nella fase di preparazione dell'attacco e se qualcuno gli ha fornito soldi e l'ha aiutato a scappare".

Frank ha molto insistito quindi sulla fatto che le indagini si concentrano nel cercare di determinare se "vi sia una rete di complici, questo è il punto chiave dell'inchiesta", anche se per gli inquirenti tedeschi si tratta di un'inchiesta contro ignori. "La rivendicazione dello Stato Islamico è piuttosto vago" ha concluso. "Siano sconvolti e tutta la famiglia sta male. No comment". Queste le prime parole pronunciate, dopo la notizia dell'uccisione, di uno dei fratelli del tunisino.

E' vigile e in condizioni stabili e buone il poliziotto 35enne rimasto ferito nella sparatoria. L'agente è stato trasportato all'ospedale San Gerardo di Monza ed è entrato in pronto soccorso intorno alle 4 del mattino, in codice rosso per una ferita da arma da fuoco alla spalla destra, riferiscono dall'Asst del capoluogo brianzolo. L'uomo è stato poi trasferito in codice verde in Ortopedia e traumatologia, dove è rimasto in osservazione in attesa dell'intervento per la rimozione del proiettile dalla spalla. L'operazione sta per cominciare e, fra preparazione e post, dovrebbe durare in tutto un paio d'ore.


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Wanted per il tunisino terrorista di Berlino, era stato condannato in Italia e poi lasciato andare
Anis Amri è in fuga pronto a eseguire altre stragi in paesi europei. Confermata l'identità della vittima italiana

ROMA (Italy) - La procura tedesca ha confermato che l'uomo ricercato è il tunisino Anis Amri, 24 anni. Proveniente dalla tunisina Tataouine e legato al gruppo che portò a termine la strage sulla spiaggia di Sousse, in cui trovarono la morte 38 persone, Amri ha soggiornato nel centro accoglienza di Kleve, nel Nord Reno Westfalia. Gli era stato negato l'asilo, ma aveva ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo ad aprile. L'ordine di cattura nei suoi confronti è stato emesso in relazione a tutta l'area Schengen. Il terrorista era stato condannato in Italia a 4 anni per incendio e violenza ed era stato poi "invitato" a lasciare il paese attraverso un decreto di esplusione secondo le leggi "anacronistiche e irreali" del belpaese.


Amri - scrive il notiziario della RAI - aveva lasciato la Tunisia 7 anni fa come migrante illegale e avrebbe scontato 4 anni di prigione in Italia perché accusato per un incendio in una scuola. Lo riferisce il padre alla radio tunisina Mosaique FM, aggiungendo che il giovane si era recato in Germania più di un anno fa. Anis Amri è nato il 22 dicembre del 1992 e originario della regione di El Oueslatia, nel governatorato di Kairouan. Il padre del ricercato aggiunge che Anis è in contatto con i suoi fratelli, ma che non ha mai contattato lui. L'emittente riporta che il sospettato ha dei precedenti con la giustizia e che è ricercato dalla polizia di El Oueslatia, nonché che è stato condannato in contumacia a cinque anni di prigione per furto con l'aggravante della violenza. Le stesse fonti aggiungono che è in corso un'indagine per determinare eventuali legami con l'Isis. Reati per i quali ha poi subito le relative condanne con pena complessiva a 4 anni di reclusione scontati nel carcere di Palermo. Una volta tornato libero, nei suoi confronti è scattato un provvedimento di espulsione da parte del Questore di Catania, provvedimento che però non viene eseguito perchè dall'altra parte del Mediterraneo la procedura che spettava alle autorità tunisine non è stata fatta nei tempi previsti per legge; a seguire, una 'intimidazione' a lasciare l'Italia. Poi di lui si hanno tracce nel 2015 a Caltanissetta, dove si sarebbe reso responsabile di lesioni ai danni di una persona. Dopo di che è sparito nel nulla, ovvero è andato in Germania, dove ora - almeno stando ai documenti trovati dalla polizia tedesca nel camion killer - è ritenuto il presunto responsabile della strage di Berlino. L'esistenza in una banca dati di tutti gli elementi relativi alla presenza in Italia e al comportamento violento, tenuto anche in carcere, significa che per più d'uno Anis Amri non era uno sconosciuto.

"Si era forse radicalizzato nel carcere italiano dopo che aveva lasciato la Tunisia". E' quanto ha affermato il fratello di Anis Amri, il presunto attentatore della strage al mercatino di natale a Berlino dove hanno perso la vita 12 persone, 48 sono rimaste ferite, di cui 14 in modo grave. La polizia tedesca intanto ha rilasciato le quattro persone arrestate nel corso dei raid anti-terrorismo collegati all'attacco di lunedì scorso, a Emmerich sul Reno, in Nord Reno-Westfalia. Il ricercato ha soggiornato nel centro accoglienza di Kleve. Le sue impronte - come si apprende da ambienti investigativi - sono state ritrovate sul camion usato per compiere la strage. Secondo il New York Times, il tunisino avrebbe cercato in rete istruzioni per fabbricare degli ordigni. E attraverso la rete Telegram, ha avuto almeno un contatto col l'Isis e il suo nome era stato inserito nella no-fly list Usa, la lista delle persone a cui è proibito imbarcarsi sui voli di linea. Spigel inoltre racconta che il giovane si era offerto come kamikaze 8 mesi fa. Il settimanale tedesco riferisce di intercettazioni telefoniche in cui il 24enne parla con uno jihadista monitorato dagli apparati di sicurezza perchè ritenuto un 'predicatore d'odio'. Le dichiarazioni, aggiunge lo Spiegel, sono così contorte che non sarebbero state ritenute sufficienti per l'arresto. Amri avrebbe anche chiesto come procurarsi delle armi.


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Strage di Berlino, dispersa una ragazza italiana: la 31enne Fabrizia Di Lorenzo di Sulmona
Tra i 50 feriti dell'attacco terroristico anche 2 connazionali

ROMA (Italy) - C'è un'italiana dispersa dopo l'attentato di Berlino. Dopo l'allarme lanciato da parenti e colleghi della giovane, è arrivata la conferma ufficiale. Prima l'ambasciata, poi la Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo. Si tratterebbe di Fabrizia Di Lorenzo, 31enne di Sulmona ma che vive e lavora nella capitale tedesca già da diversi anni. Il suo cellulare è stato trovato sul luogo dell'attentato. Misure di sicurezza antiterrorismo rafforzate in Italia in prossimità delle feste natalizie. Intanto sembra che il pakistano fermato sia estraneo alla strage. Forse vero terrorista in fuga.


Fabrizia Di Lorenzo, nata a Sulmona il 23 agosto 1985, vive a Berlino dal 2013, città dove ha fatto anche l'Erasmus nell'anno accademico 2006-2007. Da marzo 2015 lavora presso 4flow, azienda di logistica e trasporti. Precedentemente era stata impiegata presso la Bosch. Nel 2009 ha conseguito una laurea triennale a La Sapienza di Roma in Mediazione linguistico-culturale; si è poi trasferita a Bologna per la Magistrale in Relazioni internazionali e diplomatiche. Nel 2012 anche un master all'Università Cattolica.

I terroristi tornano a colpire in Europa. A Berlino, nei pressi della Chiesa del Ricordo, un camion si è abbattuto a tutta velocità contro la folla di un mercatino di Natale, per poi schiantarsi contro un albero. Il bilancio dell'attentato è di 12 morti e 48 feriti. Arrestato il guidatore del Tir, forse di origine pakistana o afghana, mentre il passeggero è morto sul colpo.

La strage di Berlino nel mercato di Natale è stata la conseguenza di un "attentato". La conferma arriva dal ministero dell'Interno tedesco. L'uomo fermato lunedì sera, poco dopo l'attacco con un tir al mercatino di Natale, nel cuore di Berlino, e che ha ucciso 12 persone e ferito altre 48, è un 23enne di origine pakistana, che si spacciava come afghano. È quanto scrivono i media tedeschi. l 23enne pachistano ha negato ogni coinvolgimento nell'attacco. Lo ha confermato il ministro dell'Interno tedesco Thomas de Maiziere. "Ha negato il crimine, prosegue l'indagine", ha detto De Maiziere alla stampa, precisando che l'uomo è arrivato in Germania il 31 dicembre del 2015 per chiedere asilo. Il presunto autore della strage, ha detto de Maizière, sarebbe originario della provincia pakistana del Baluchistan e parla il dialetto baluchi, per il quale inizialmente non è stato possibile trovare un traduttore. L'uomo, ha aggiunto, non compariva in alcun elenco di sospetti per attività terroristiche. La sua richiesta di asilo non era stata completata, ha aggiunto il ministro.

Misure di sicurezza antiterrorismo rafforzate in Italia in prossimità delle feste natalizie e nuovi specifici interventi attivati in seguito ai fatti di Berlino e Ankara. Possibile già in giornata una riunione al Viminale del Comitato di analisi strategica antiterrorismo per valutare lo stato della minaccia.


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Terrore a Berlino, tir su mercato di Natale: 12 morti e 50 feriti
I terroristi sono stati identificati. Uno catturato e l'altro è morto durante l'attentato

ROMA (Italy) - Berlino sotto attacco terroristico. TIR piomba sul mercato di Natale in centro: 12 morti e 50 feriti. La Polizia ha catturato uno dei due attentatori. Un camion è piombato sul mercatino di Natale del viale principale dello shopping di Berlino, il Kudamm, facendo una carneficina. Le prime immagini del vile attacco terroristico sono spaventose. Il terrorista è stato accerchiato e catturato mentre l'autista è morto nello scontro. Una rivendicazione sarebbe stata effettuata dall'Isis. Proprio in questi giorni si era elevato il livello di sicurezza in tutta Europa per i mercatini di Natale che vengono indicati come possibili obiettivi dei terroristi.


Un grosso camion Scania con targa polacca è piombato su un mercatino di Natale del viale principale dello shopping di Berlino, il Kudamm, per fermarsi contro l'albero natalizio. Fonti di polizia hanno detto all'agenzia di stampa tedesca Dpa che si tratta di un attentato. Il primo bilancio fornito dalle forze di sicurezza è di 9 morti e almeno 50 feriti fra i quali alcuni gravi.

L'attentatoreè stato arrestato, mentre secondo alcune fonti un suo complice è morto. La polizia ha invitato via social le persone che si trovano nella capitale tedesca a non uscire. Circola la notizia di una rivendicazione dello stato Islamico. Tuttavia, al momento, le basi per la sua fondatezza sono piuttosto labili: l'informazione è stata infatti diffusa dal giornale britannico "The Sun", citando un media conservatore Usa considerato vicino a fonti dell'intelligence statunitensi. Intanto, la Farnesina è in azione attraverso l'Unità di crisi per le verifiche di rito sull'eventuale presenza di italiani tra le vittime.

I mercatini di Natale vengono indicati come uno dei possibili obiettivi dei terroristi. Bisogna sottoporre a verifica i piani di sicurezza di tutti i mercatini di Natale in Germania, spiega ad esempio alla Bild il deputato della bavarese Cdu Stephan Mayer. «I nostri peggiori timori si sono avverati. Il camion arrivava ad alta velocità dalla Kantstrasse e si dirigeva senza badare a niente verso la piazza. Doveva esserci una vera e propria intenzione a fare male perché il mezzo non aveva i fari accesi - è uno dei primi racconti che sono arrivati ieri sera dal luogo della tragedia a Berlino - . Poi ho solo sentito il forte schianto e le urla isteriche che arrivavano da ogni parte». La descrizione, raccolta dal «Berliner MorgenPost», arriva da un signore anziano che si trovava sul posto. Un altro racconto di una persona sul luogo sottolinea che la velocità era alta e che non c’era alcuno tipo di protezione in quella zona piena di gente. Qualcuno, subito dopo, osserva su Twitter che effettivamente la strada che ha percorso il camion ha un limite di velocità di 30-50 chilometri orari.

A quanto riferisce l'emittente pubblica tedesca 'RBB', l'uomo al volante è un cittadino pachistano arrivato in Germania nel 2015, entrato in qualità di rifugiato il 31 dicembre 2015 attraverso il posto di confine di Passau, città bavarese alla frontiera con l'Austria.

L'uomo sarebbe di nazionalità pachistana, ma fonti della sicurezza hanno spiegato all'agenzia stampa Dpa che non è stato ancora possibile identificarlo con certezza assoluta dato che in passato si è servito di diverse identità. Il quotidiano 'Tagesspiegel' scrive che l'uomo arrestato era noto alla polizia per reati minori ma non in relazione ad attività terroristiche.

PERQUISIZIONI - Intanto le forze speciali tedesche hanno perquisito un campo profughi nell'ex aeroporto Tempelhof di Berlino. L'ex scalo ospita il più grande campo di rifugiati della città. Fonti della sicurezza hanno riferito all'agenzia 'Dpa' che il sospetto autista killer del camion era arrivato in Germania attraverso la cosiddetta rotta dei Balcani e viveva a Berlino dall'inizio di quest'anno.


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Attacco dell'Isis ad un gruppo di turisti in Giordania. Il commando ha ucciso 7 persone
Teatro dell'eccidio il Castello dei Crociati di Karak sulla strada per Petra

ROMA (Italy) - Ore di terrore in Giordania dove un commando armato è entrato in azione d Al Karak, 120 chilometri a sud della capitale Ammam. Un commando ha aperto il fuoco sugli agenti e si è barricato dentro una fortezza dei crociati. Le forze speciali hanno liberato decine di ostaggi. Sono sette, tra cui una turista canadese, le persone uccise da un gruppo armato che poi si è barricato con ostaggi nel Castello di Karak, 120 chilomettri a sud di Amman. Lo riferisce la sicurezza giordana, aggiungendo che le altre vittime sono quattro poliziotti e due civili giordani. Diverse altre persone sono rimaste ferite.


Sei o sette persone a bordo di due automobili hanno aperto il fuoco contro alcune pattuglie della polizia. Il bilancio dei morti è di quattro agenti e tre civili (tra cui una turista canadese), i feriti sarebbero nove. I terroristi si sono poi dati alla fuga, raggiungendo una fortezza dei crociati risalente al XII secolo, celebre meta turistica, dove si trovavano decine di persone. Lì hanno preso in ostaggio almeno 14 persone, di cui molti di origine malese. Le forze speciali della polizia, secondo quanto ha riferito il quotidiano locale Al Ghad, hanno messo sotto assedio la fortezza e liberato i turisti che erano nelle mani del commando. Il gruppo armato ha attaccato i poliziotti di pattuglia sparando da una casa ed è poi fuggito a bordo di automobili. Durante la fuga il gruppo si è ha attaccato un'altra pattuglia di agenti, causando altre vittime. Gli uomini armati si sono rifugiati nella fortezza medievale, da dove hanno sparato contro un commissariato, "ferendo diversi poliziotti e passanti che sono stati trasportati in ospedale.

Il castello è stato circondato da polizia e forze di sicurezza, che hanno effettuato un blitz. Il gruppo armato è composto da "cinque o sei uomini". La Giordania è fra i pochi Stati arabi che si sono uniti alla campagna aerea della coalizione anti Isis guidata dagli Stati Uniti in Siria.. Le autorità sono sempre più preoccupate per il crescere di profili che sostengono l'islam radicale e per il sostegno a gruppi jhadisti in alcune aree del Paese.

La Fortezza di Karak (anche detta Kerak), lungo la via dei Re, in Giordania, è uno dei più importanti esempi del genio militare dei crociati. Il nome deriva dall'armeno kharka, città, e la costruzione di questo bastione lungo 220 metri e largo 125 fu terminata nel 1161 diventando la residenza dei sovrani della Transgiordania, il più importante feudo del regno dei crociati. La storia del castello di Kerak è giunta ai giorni nostri attraverso il famoso film “Le crociate”. Un castello immenso che è stato oggetto di atroci battaglie tra cristiani e musulmani per la conquista della strada che idealmente le crociate percorrevano per liberare Gerusalemme.

Visualizza il reportage: Giordania. Un mix di cultura beduina, modernizzazione, islam e occidente


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Europol lancia l'allarme di possibili nuovi attacchi dell'ISIS con autobombe: allerta sempre altissima
Nella "black list" del Califfato soprattutto Francia, Belgio, Germania, Olanda e Gran Bretagna

ROMA (Italy) - I Paesi europei dovrebbero prepararsi a nuovi attacchi terroristici condotti dallo Stato islamico, che considera come "obiettivi legittimi tutti gli Stati che partecipano alla coalizione anti-Is". E' l'allarme rilanciato nel rapporto "Cambiamenti nel modus operandi rivisitato dell'Is" pubblicato oggi dall'European counter terrorism centre (Ectc) di Europol, nel quale si avverte che lo Stato islamico "ha già adottato nuove tattiche per attaccare l'Occidente". Europol ritiene che la Francia sia tra i Paesi più a rischio di "aggressione da parte del califfato", ma nella lista ci sono anche Belgio, Germania, Olanda, Regno Unito e tutti i paesi della coalizione anti ISIS.


Secondo l'Europol, è probabile che l'Isis compia presto nuovi attacchi in Europa, anche con l'utilizzo delle autobombe. Gli attentati colpirebbero i Paesi che fanno parte della coalizione a guida statunitense che combatte contro lo Stato islamico in Siria e Iraq. L'Is sarà sconfitto o seriamente indebolito in Siria e Iraq, questo potrebbe tradursi nel ritorno di un numero maggiore di foreign fighters e delle loro famiglie verso l'Ue o altre zone di conflitto, come la Libia, e quelli che riusciranno a entrare in Europa rappresenteranno un potenziale rischio per la sicurezza. Senza contare che "attacchi potrebbero essere condotti per 'compromettere' i rifugiati siriani e provocare una modifica delle politiche dei Paesi Ue nei loro confronti".

Secondo il documento, le minacce dinanzi alle quali si trovano i Paesi europei vanno dai network terroristici ai lupi solitari, da attacchi diretti dall'Is ad attacchi ispirati dal gruppo, dall'uso di esplosivi e fucili automatici al ricorso ad armi affilate e veicoli, da attacchi preparati meticolosamente ad attacchi improvvisati. Il rapporto afferma anche che le tattiche che il gruppo utilizza in Siria e Iraq, come l'uso di autobombe, potrebbero essere applicate in Europa. E sottolinea che gli attentati in Francia e Belgio degli ultimi due anni mostrano come in effetti gli estremisti che agiscono nel nome dell'Isis siano in grado di mettere a segno attacchi complessi. Europol ritiene che la Francia sia tra i Paesi più a rischio di "aggressione da parte dell'Is", ma nella lista ci sono anche Belgio, Germania, Olanda e Regno Unito.

"Il rapporto di oggi dimostra che la minaccia è ancora alta", ha commentato il direttore di Europol Rob Wainwright, sottolineando la necessità di "una migliore e accresciuta cooperazione" nello scambio di dati tra i servizi di intelligence europei per "ridurre la minaccia posta dall'Is. "Dobbiamo essere vigili dal momento che la minaccia posta dallo Stato islamico e dal ritorno dei foreign fighters continuerà probabilmente per i prossimi anni. Questa gente è addestrata all'uso di esplosivi e armi da fuoco e sono stati indottrinati con l'ideologia jihadista. Una risposta efficace richiede un approccio globale ed un impegno di lungo periodo".

L’Ufficio europeo di polizia (Europol) ha come obiettivo contribuire a rendere l’Europa più sicura assistendo le autorità di contrasto negli Stati membri dell’UE. Europol sia sostegno alle operazioni sul campo delle forze di contrasto, sia un centro di scambio di informazioni sulle attività criminali. Ad Europol lavorano circa 100 fra i migliori criminologi d'Europa, garantendo così la più forte concentrazione di competenze analitiche nell'UE. Utilizzano quotidianamente strumenti all’avanguardia per assistere le agenzie nazionali nelle indagini. Ogni paese dispone di un’unità nazionale Europol, che è l'organo di collegamento tra l'Ufficio europeo di polizia e le altre agenzie nazionali. Le attività quotidiane di Europol si basano sulla sua strategia, i cui obiettivi specifici sono definiti nel programma di lavoro annuale analisi a lungo termine.

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Natale blindato per la maggioranza delle città europee. Sventato attentato a mercatino di natale francese
Arresti a raffica di terroristi per attentati programmati a Strasburgo durante le prossime festività

ROMA (Italy) - "Un nuovo attacco" è stato "sventato" durante l'operazione antiterrorismo della notte tra sabato e domenica a Strasburgo e Marsiglia, durante la quale sono state arrestate 7 persone. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Bernard Cazeneuve, spiegando che i sette, tra i 29 e i 37 anni, di nazionalità francese, marocchina e afghana, sono stati arrestati durante un blitz condotto nell'ambito di un'indagine della procura durata "più di otto mesi". Le persone arrestate attendevano la consegna di un carico di armi e avevano individuato una serie di bersagli, dal commissariato di polizia di Strasburgo al mercato di Natale della città.


Sei dei sospetti sono sconosciuti all'intelligence, mentre un marocchino è stato segnalato da un paese partner della Francia e non viveva nel territorio transalpino. "Gli arresti dei sette sospettati ci hanno permesso di impedire un attacco terroristico sul nostro territorio a lungo pianificato", ha spiegato il ministro, lodando l'"azione esemplare e straordinariamente efficace" della Direzione generale di sicurezza interna (Dgsi). "Una prima serie di arresti di cinque persone collegate alla stessa rete si era verificato il 14 giugno scorso, pochi giorni dopo l'inizio dei campionati europei di calcio", ha detto ancora Cazeneuve. Secondo gli inquirenti, riferiva 'Le Parisien', le persone arrestate attendevano la consegna di un carico di armi e avevano individuato una serie di potenziali bersagli, dal commissariato di polizia di Strasburgo al mercato di Natale della città. Nel maggio 2014, una rete jihadista era stata smantellata a Strasburgo: sette alsaziani - che erano andati in Siria tra il dicembre 2013 e l'aprile 2014 - erano stati arrestati e quindi condannati a Parigi a pene comprese tra i 6 e i 9 anni di carcere. La condanna più pesante è stata inflitta a Karim Mohamed-Aggad, il cui fratello Foued è stato identificato come uno dei kamikaze del Bataclan.

Anche in Gran Bretagna "il livello di minaccia è alto e questo significa che ci saranno attacchi terroristici". A lanciare l'allarme è il capo dei servizi segreti interni britannici, Andrew Parker, che in un intervista al Guardian, la prima in assoluto a un giornale, spiega che ci sono circa 3.000 estremisti potenzialmente violenti nel Regno Unito, e la maggior parte di loro sono inglesi. Secondo il capo dell'MI5 il numero di potenziali estremisti che vivono nel Paese è uno dei tre aspetti che compongono la minaccia estremista islamica, insieme ai membri dell'Is che operano in Siria e Iraq e al tentativo del 'Califfato' di diffondere la sua "ideologia tossica" online. Negli ultimi tre anni, rivela ancora Parker, sono stati sventati 12 attentati. "Il terrorismo internazionale nella sua ultima forma, basata su un'ideologia contorta, porta terrore per le nostre strade e nella maggior parte del mondo sviluppato, tra cui Nord America, Australia e Turchia. Attualmente, ha il sapore dello Stato islamico, e abbiamo ancora il marchio di al-Qaeda. Si tratta di una minaccia duratura e di una sfida generazionale che dovremo affrontare", ha concluso.

E se Inghilterra e Francia si barricano l'Italia non resta a guardare. Da Bresso, in Iraq per combattere a fianco dell'Is. E' Ahmed Taskour, marocchino di 47 anni, indagato dalla Procura di Milano per terrorismo internazionale e colpito da una misura di custodia cautelare in carcere. E' stato il gip di Milano, su richiesta del pm Enrico Pavone a emettere l'ordinanza, ma per ora di lui non c'è ancora alcuna traccia. Dall'indagine è emerso che l'uomo è andato via dall'Italia con moglie e figli durante le vacanze natalizie del 2014 annunciando l'intenzione di passarle?con la famiglia in Marocco. In realtà con la moglie e i figli, una ragazza nata nel 2001 e un bambino nato nel 2005 si è diretto in Turchia per poi passare in Iraq. In un filmato girato nel novembre del 2015, si vedono padre e figlio minacciare di morte l'occidente. L'uomo, ha spiegato Pavone, aveva un lavoro stabile in un'impresa di pulizie e non sembrava particolarmente religioso.

Abu Nassim, nome di battaglia del tunisino Moez Ben Abdelkader Fezzani, è stato arrestato in Sudan. Ritenuto dagli investigatori tra i più attivi reclutatori dell'Isis in Italia, era già stato fermato nell'agosto scorso in Libia dalle forze di Zintan, alleate del generale Haftar. Nel 2014 Fezzani era stato condannato in via definitiva a Milano per associazione a delinquere con finalità di terrorismo ed era quindi destinatario di un mandato di cattura internazionale.


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Le forze del Califfato sulla Piazza Rossa per attentati a Mosca e San Pietroburgo
I servizi segreti russi hanno arrestato un commando dell'ISIS pronto ad attaccare le città sovietiche

ROMA (Italy) - I servizi segreti russi (FSB) sostengono di aver fermato 10 presunti jihadisti provenienti dall'Asia centrale e legati all'Isis che progettavano attentati terroristici a Mosca e San Pietroburgo. "Avevano quattro potenti ordigni artigianali che sono stati loro sequestrati", fa sapere l'FSB citato dalla Tass. Secondo i servizi di sicurezza russi, ai presunti terroristi sono state sequestrate anche armi da fuoco e munizioni. Gli arresti sono stati eseguiti a Mosca e San Pietroburgo. L'operazione è stata condotta in collaborazione con le autorità del Tagikistan e del Kirgizistan. E' questa la prima minaccia sul territorio di Putin ad opera delle forze del Califfato.


Nella regione di Volgograd è stato arrestato un gruppo criminale organizzato, impegnato nella raccolta di fondi per le organizzazioni terroristiche internazionali, tra cui quelle che operano in Siria, segnala l'ufficio regionale dell'FSB (servizi segreti russi). In proposito, si rileva che gli agenti FSB nella regione di Volgograd in collaborazione con il comando delle forze speciali del ministero dell'Interno aveva identificato le attività di un gruppo criminale organizzato noto con il nome "Ottobre Jamaat". Durante le perquisizioni nelle case di 3 membri della cellula terroristica, le forze dell'ordine hanno sequestrato un oggetto simile ad un lanciagranate, con munizioni rafforzate con chiodi ed elementi esplosivi, così come una bomba a mano ed un detonatore. Inoltre le forze dell'ordine hanno ottenuto materiali informatici, apparecchiature per le comunicazioni mobili, carte di credito, denaro, ricevute sul trasferimento di fondi e droga. Il gruppo è stato accusato di favoreggiamento del terrorismo.

In precedenza il direttore dell'FSB Alexander Bortnikov aveva riferito che nel 2015 le forze di sicurezza avevano identificato 3mila persone sospettate di essere coinvolte in attività terroristiche in Medio Oriente. Alcuni abitanti di San Pietroburgo e della regione di Leningrado sono detenuti dalle forze dell'ordine per aver tentato di volare in Turchia, dove mantengono contatti con membri delle organizzazioni vietate in Russia.

Secondo il servizio stampa del Dipartimento della Guardia di frontiera dello FSB di San Pietroburgo e della regione di Leningrado, si tratta di donne tra i 18 e i 30 anni che nel periodo da settembre a dicembre 2015 hanno cercato di volare a Istanbul. "Le giovani donne hanno seguito l'invito di alcuni conoscenti che vivono in Turchia, presumibilmente membri di organizzazioni vietate in Russia", ha detto il servizio stampa. Gli sforzi per reclutare nuovi candidati sono stati effettuati con l'uso di reti sociali, in cui le giovani donne imparano a conoscere i loro "eletti". Per acquisire familiarità con le donne russe, gli uomini non pubblicizzano l'appartenenza ad organizzazioni vietate in Russia. Inoltre, alle donne, gli amici turchi hanno pagato il volo da San Pietroburgo a Istanbul. Le donne sono andate in Turchia e in Medio Oriente, nella speranza di ottenere un "lavoro impegnativo" o vivere divertimento e "avventura" sullo sfondo della vita quotidiana circostante. La Guardia di frontiera continua a lavorare per impedire la partecipazione delle donne alle attività di organizzazioni illegali.


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Strage di Nizza: 6 italiani fra le vittime. Cinque italiani e un ragazzo italo-americano
La Farnesina ha ufficializzato il loro riconoscimento quali vittime del terrorista franco-tunisino

ROMA (Italy) - Dopo il riconoscimento ufficiale, formalizzato ieri sera dalla polizia giudiziaria francese, del nostro connazionale Mario Casati tra le vittime della strage di Nizza, la Farnesina ha reso noto questa mattina che nel corso della notte le autorità francesi hanno comunicato l'avvenuto riconoscimento di ulteriori quattro connazionali uccisi dalla follia omicida che ha falciato 84 persone il 14 luglio scorso sul lungomare della città: si tratta di Carla Gaveglio, Maria Grazia Ascoli, Gianna Muset e Angelo D'Agostino. Confermata anche la morte dell'italo-americano Nicolas Leslie (20 anni), nonostante il corpo non sia stato ancora trovato.


E' salito a sei il bilancio delle vittime italiane della strage di Nizza. Nel corso della notte le autorità francesi hanno formalizzato l'avvenuto riconoscimento di ulteriori quattro connazionali. Si tratta di Carla Gaveglio, Maria Grazia Ascoli, Gianna Muset e Angelo D'Agostino. A questi nomi si aggiunge quello del novantenne milanese Mario Casati, che era stato riconosciuto lunedì sera, e quello dell'italoamericano Nicolas Leslie. Casati era stata la prima vittima italiana di cui era stato annunciato il riconoscimento. La Farnesina ha poi spiegato che nell'elenco dei deceduti "risulta anche un cittadino italo-americano". Si tratta di Nicolas Leslie, 20 anni, studente dell'Università di Berkeley, in California. Il giovane si trovava in Francia nell'ambito di un programma di scambio universitario. "E' una notizia tragica e devastante", ha commentato il rettore dell'università Nicholas Dirks. Leslie studiava scienze ambientali. Il giovane era nato in Italia, a Milano, ma viveva e studiava negli Stati Uniti.

Chi erano Mario Casati e Maria Grazia Ascoli - Vedovo, originario di Besana Brianza ma residente a Milano, come tanti pensionati lombardi Casati amava la Costa Azzurra, il luogo del riposo ma anche del divertimento, tanto da averci acquistato un appartamento per andarci il più spesso possibile. Al suo fianco c'era Maria Grazia Ascoli, anche lei vedova: si erano conosciuti in tarda età e avevano deciso di stare insieme, anche se ognuno continuava a vivere nella propria casa. Maria Grazia, Graziella o Grace per gli amici, aveva lavorato per molti anni a Mediaset, dove era particolarmente amata e stimata. Era andata in pensione da pochi anni. Anche la direzione e la redazione di Tgcom24 la ricordano con particolare affetto.

Angelo D'Agostino e Gianna Muset - Mario Casati e Maria Grazia Ascoli erano sulla Promenade des Anglais assieme ai coniugi D'Agostino, Angelo e Gianna, di Voghera. Questi ultimi avevano una casa proprio a Nizza e, per festeggiare il fresco pensionamento di Angelo, avevano deciso di passare qualche giorno insieme agli amici in Costa Azzurra.

Carla Gaveglio, casalinga 47enne di Piasco, in provincia di Cuneo, si trovava sulla Promenade des Anglais insieme alla figlia Matilde, di 14 anni, rimasta ferita e ancora ricoverata in ospedale, ma in buone condizioni. Era stata proprio la ragazzina a vedere la donna per ultima, mentre alcuni medici francesi la caricavano in ambulanza.

Nicolas Leslie - 20enne italoamericano, studente dell'Università di Berkeley, in California. Studiava scienze ambientali e si trovava in Francia nell'ambito di un programma di scambio universitario. Era nato a Milano, ma viveva e studiava negli Usa.


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Terrore a Nizza: tir sulla folla, almeno 84 morti
A zig zag per uccidere più persone sul lungomare nel giorno della festa nazionale

Ancora terrore in Francia, dopo gli attacchi di Parigi dello scorso 13 novembre. E' di almeno 84 morti, molti dei quali bambini, e di 18 feriti gravi il bilancio dell'attentato di ieri sera a Nizza, dove attorno alle 22.30 un tir è piombato a tutta velocità sulla folla lungo la Promenade des Anglais, sul lungomare, al termine dei fuochi d'artificio per i festeggiamenti del 14 luglio. A riportare l'ultimo bilancio sono i media francesi. All'interno del camion utilizzato per la strage sono stati trovati i documenti d'identità di un uomo 31enne franco tunisino. Secondo fonti di polizia, l'uomo, residente a Nizza, era noto alle forze dell'ordine solo per reati comuni. Il camion che ha ucciso almeno 80 persone ha percorso un tratto di 2 km, a zig zag, alla velocità di 80 km/h.


Lo scrive Paris Match. Secondo Le Figaro, all'interno del camion sono state ritrovate armi e granate. Tra le vittime ci sarebbe anche il numero due della polizia di frontiera di Nizza, secondo fonti del quotidiano francese Le figaro. Sono state tratte in salvo circa cento persone che al momento dell'ondata di panico seguita all'attacco sulla Promenade des Anglais sono fuggite verso il mare e poi si sono gettate in acqua. Lo ha riferito una fonte della cellula di crisi che segue la situazione a Nizza. La Farnesina ha immediatamente attivato la propria Unità di Crisi che, in stretto contatto con il Consolato, l'Ambasciata a Parigi e le autorità locali, sta seguendo l'evolversi degli eventi e verificando l'eventuale coinvolgimento di connazionali. Il presidente francese Francois Hollande ha annunciato che lo stato di emergenza in Francia è stato prorogato per altri tre mesi, ricordando che l'allerta sarebbe dovuta terminare il 26 luglio. Sarà dunque rafforzata la sorveglianza in tutti i luoghi pubblici e negli obiettivi sensibili da parte dell'esercito e dei riservisti. "Si tratta di un attacco la cui natura terroristica non può essere negata" ha detto questa notte Hollande in diretta tv. Poi, in un tweet, il presidente francese ha scritto: "La Francia è in lacrime e afflitta ma è forte e sarà sempre più forte dei fanatici che oggi vogliono colpirla".


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Attacco a Dacca, 9 vittime italiane accertate
Commando ISIS assalta un ristorante frequentato da occidentali

"Sono nove le vittime italiane accertate finora" dell'attacco di ieri sera in un ristorante di Dacca, assaltato da un commando composto da otto o nove uomini (FOTO). Lo ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, parlando fuori dalla Farnesina e precisando che "le famiglie sono state avvertite". I connazionali deceduti nell'attentato terroristico sono Adele Puglisi, Marco Tondat, Claudia Maria D'Antona, Nadia Benedetti, Vincenzo D'Allestro, Maria Rivoli, Cristian Rossi, Claudio Cappelli e Simona Monti. Venti ostaggi sono stati uccisi dai terroristi, ha reso noto il direttore delle operazioni militari dell'Esercito, il generale Nayeem Ashfaq Chowdhury.


Fonti della Farnesina hanno riferito che erano 11 i connazionali a cena ieri sera all'Holey Artisan Bakery, tra cui Gianni Boschetti che è riuscito a gettarsi fuori dal ristorante ed è stato messo in salvo.
La maggior parte delle 20 vittime dell'attacco di ieri a Dacca sono italiane e giapponesi, hanno riferito fonti dell'esercito bengalese citate dai media locali. "Abbiamo trovato 20 corpi" e "tutti" gli ostaggi "sono stati uccisi nella notte usando armi da taglio", ha detto il generale Chowdhury. Quanto all'operazione delle forze speciali, "in 12 o 13 minuti i nostri uomini sono stati in grado di eliminare i terroristi e di assumere il controllo totale".

"Siamo stati in grado di salvare 13 persone e non abbiamo potuto salvarne altre", aveva detto la premier bengalese Sheikh Hasina. Durante il blitz le forze speciali bengalesi hanno trovato una pistola, un fucile AK 22, ordigni improvvisati Ied e walkie-talkie, oltre ad armi affilate e da taglio. Lo ha riferito un portavoce dell'esercito. "Si è trattato di un'azione estremamente orribile - ha detto ancora la premier in una dichiarazione in tv - Che genere di musulmani sono queste persone? Non hanno alcuna religione". Poi, Hasina ha esortato al popolazione a "resistere a questi terroristi, il mio governo è determinato a sradicare terroristi e militanti dal Bangladesh".

Oltre un centinaio di uomini delle forze speciali ha fatto irruzione nell'Holey Artisan Bakery, nel cuore del quartiere diplomatico della capitale, intorno alle 7.40 ora locale, le 3.40 in Italia. "Abbiamo ucciso almeno sei terroristi e l'edificio è stato messo in sicurezza, ma l'operazione è ancora in corso", ha detto il colonnello Tuhin Mohammad Masud, l'ufficiale responsabile dei commandos, secondo cui tra gli ostaggi liberati ci sono un giapponese e due cittadini dello Sri Lanka. Fra le vittime c'è una cittadina indiana, ha reso noto il ministero degli esteri a Nuova Delhi. E' Tarushi Jain, studentessa di 19 anni di Berkeley che si era diplomata dalla Scuola americana di Dacca.


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Assalto a un bar di Dacca. Media indiani: morti 2 italiani
Is rivendica: "Uccise più di 20 persone"

Due cittadini italiani e un agente di polizia sono rimasti uccisi nell'assalto al locale Holey Artisan Bakery di Dacca. Lo riporta il sito India Today. L'emittente indiana Ndtv ha riferito che tra le vittime, oltre all'agente di polizia, vi sarebbero due diplomatici stranieri, senza però fornire indicazioni sulla loro nazionalità. L'azione è stata rivendicata dallo Stato Islamico attraverso l'agenzia di stampa Amaq, legata all'Is. Nell'assalto sarebbero state uccise "più di venti persone di varie nazionalità". All'interno della caffetteria si troverebbero una ventina di ostaggi. Secondo altre testimonianze, gli assalitori avrebbero urlato "Allahu Akbar", Allah è grande, facendo ritenere che potrebbe trattarsi di un attacco di matrice islamista.

FARNESINA - Non è esclusa la possibilità che vi siano anche alcuni italiani tra gli ostaggi, come riferisce la Farnesina. L'Unità di crisi del ministero degli Esteri e l'ambasciata italiana a Dacca si sono attivate e seguono la vicenda fin dall'inizio. Intanto, un dipendente italiano del ristorante, si tratterebbe di un panettiere, sarebbe riuscito a mettersi in salvo. Lo ha riferito il direttore del ristorante, Sumon Reza, al Dhaka Tribune. Un altro dipendente straniero, un argentino, non sarebbe invece riuscito a fuggire. Reza ha inoltre riferito di aver visto due assalitori, entrambi sulla trentina, con armi da fuoco di piccole e un arma da taglio.


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Istanbul, ritorna l'incubo terrorismo. Sette kamikaze assaltano l'aeroporto: 41 morti e 250 feriti.
Il paese della mezza luna rossa stretto tra Isis e il partito paramilitare Pkk

ROMA (Italy) - E' di almeno 41 morti e 250 feriti il bilancio dell'attacco terroristico all'aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul compiuto ieri sera, intorno alle 21.30 (ora locale), da un commando terroristico. Per il premier turco Binali Yildirim il principale sospettato è l'Is. L'attacco è avvenuto al terminal degli arrivi, quando tre terroristi hanno aperto il fuoco nei pressi di un punto di accesso e poi si sono fatti saltare in aria dopo l'intervento della polizia. Tra le vittime si contano cittadini stranieri. "Gli ordigni che sono esplosi a Istanbul avrebbero potuto esplodere in qualsiasi città nel mondo", ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.


La sera del 28 giugno, verso le 22 (ore locale), l’aeroporto di Atatürk di Istanbul è stato colpito da una serie di attentati. Le autorità turche hanno dichiarato che tre uomini armati di kalashnikov hanno sparato sui passeggeri nel terminal dei voli internazionali, e hanno poi attivato le cinture esplosive quando la polizia ha cercato di fermarli.

Almeno 41 persone sono state uccise e 250 sono rimaste ferite. Il bilancio delle vittime potrebbe peggiorare perché alcune persone sono in condizioni gravi. Gli attentati non sono stati ancora rivendicati, ma il primo ministro turco Binali Yildirim sospetta si tratti di un attacco preparato dal gruppo Stato islamico. Stamattina l’aeroporto è stato parzialmente riaperto anche se molti voli sono stati cancellati.

È il terzo grosso attentato nella metropoli turca dall’inizio dell’anno. Da giugno del 2015 circa duecento persone sono morte negli attentati in Turchia, che hanno colpito soprattutto Istanbul e ad Ankara. Sono ancora in corso le verifiche da parte dell'Unità di crisi della Farnesina sulla eventuale presenza di cittadini italiani tra le vittime. L'Unità di crisi si è attivata fin da ieri sera, dopo le prime notizie dell'attacco. Lo scalo è rimasto chiuso per diverse ore sia ai voli in partenza che a quelli in arrivo, dirottati su altri aeroporti. Come indica il sito web dell'aeroporto, stamattina è ripresa l'attività, anche se con modalità ridotte rispetto al normale. Vari voli locali e internazionali della Turkish Airlines sono dati in partenza dalle 9 (le 8 in Italia). Gli arrivi sono invece ripresi dalle prime ore di stamani, ma rimangono comunque forti ritardi rispetto alle normali tabelle, dopo che centinaia di voli sono stati cancellati o rinviati. Le linee aeree turche hanno offerto ai passeggeri rimborsi o biglietti alternativi.

Ormai ci sono pochi dubbi: c’è la mano dell’Isis dietro all’attacco di tre kamikaze che all’aeroporto di Istanbul ha provocato 36 morti e 147 feriti . Ne è convinto anche il premier turco Binali Yildirim, che parla dell’esercito dello stato islamista come del principale sospettato. Il presidente Erdogan: "Gli ordigni che sono esplosi a Istanbul avrebbero potuto esplodere in qualsiasi città nel mondo”. E in effetti è immediatamente salita l’allerta in tante altre città, soprattutto begli scali aeroportuali, con Roma purtroppo in prima fila, anche alla stregua delle ripetute minacce dell’Isis rivolte all’Italia. Per tornare all’attentato di Istanbul, c’è da aggiungere che lo scalo è rimasto chiuso per diverse ore sia ai voli in partenza che a quelli in arrivo, dirottati su altri aeroporti. Stamattina è ripresa l'attività, anche se con modalità ridotte rispetto al normale.

Ma il recente attentato fa riecheggiare anche gli attacchi terroristici negli aeroporti, come la recente strage dell’aeroporto Zaventem di Bruxelles del 22 marzo, con la morte di 35 persone, compresi i 3 kamikaze, di cui uno morto nell’esplosione alla fermata della metro di Maalbeek. Nel 2014 invece era stato colpito l’aeroporto Jinnah di Karachi, in Pakistan, dove 26 persone avevano perso la vita sotto i colpi dei talebani del TTP, gli stessi che nel 2012 avevano colpito lo scalo di Peshawar, sempre in Pakistan, provocando 9 morti e più di 40 feriti.


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Terrorismo, arrestati 6 jihadisti in Italia. I pm: preparavano un attentato a Roma
Coinvolta una famiglia con bambini, obiettivo lasciare l’Italia per abbracciare la guerra dello Stato islamico

ROMA (Italy) - Vasta operazione antiterrorismo nei confronti di 6 presunti estremisti islamici. Moutaharrik voleva colpire l'Ambasciata di Israele a Roma. A dare l'ordine di colpire è stato Mohamed Koraici, che da tempo ha raggiunto con la moglie italiana e i tre figli lo Stato islamico dove è combattente: proprio queste sollecitazioni ad agire hanno determinato gli inquirenti a eseguire gli arresti con urgenza. Tra le persone finite in manette ci sono un uomo e una donna, marito e moglie residenti in provincia di Lecco, con figli di due e quattro anni, pronti a scappare dall'Italia per arruolarsi in Siria tra le file jihadiste.


Tra i 6 destinatari dell'ordine di arresto disposto dal gip di Milano, Manuela Cannavale, c'è quindi anche la coppia sparita circa un anno fa da Bulciago, in provincia di Lecco: Mohamed Koraici, marocchino di 32 anni, e Alice Brignoli, 39enne italiana che si è convertita all'Islam con il nome di Aisha. I due risultano latitanti: non si ha più nessuna notizia di loro dal febbraio 2015 quando, stando alle indagini condotte dal pool dell'antiterrorsimo di Milano, sarebbero partita per la Siria insieme ai tre figli. L'operazione ha visto impegnata la polizia di Lecco, Varese e Milano, insieme al Servizio Centrale Antiterrorismo della Dcpp/Ucigos e al Ros dei Carabinieri, supportato dai comandi territorialmente competenti.

E l'intervento di oggi ha solo avvalorato quello che gli Stati Uniti avevano dichiarato alcuni giorni fa: lo Stato Islamico ha cellule terroristiche clandestine in Gran Bretagna, Germania ed Italia, analoghe ai gruppi che hanno condotto gli attentati di Parigi e Bruxelles. A lanciare l'allarme, si legge sul New York Times, è stato il direttore della National Intelligence americana, James R. Clapper. Alla domanda se l'Is sia impegnato in attività clandestine in quei paesi, Clapper ha risposto affermativamente, sottolineando come questo sia oggetto di preoccupazione "per noi e per i nostri alleati europei". "Continuiamo a riscontrare prove di complotti da parte dell'Is nei paesi che avete nominato".

Indicazioni analoghe a quelle rese pubbliche da Clapper arrivano anche dai funzionari dell'antiterrorismo in Europa, che affermano di avere informazioni provenienti da molteplici fonti secondo cui Gran Bretagna Germania ed Italia e forse altri paesi sarebbero nel mirino delle reti europee dell'Is. L'informazione arriva intanto dallo stesso Stato Islamico, che spesso segnala le proprie intenzioni con minacce, quindi da sospetti o da intercettazioni telefoniche e di email. Secondo Claude Moniquet, ex funzionario dell'intelligence francese che segue da vicino le vicende di terrorismo, britannici e tedeschi sono particolarmente preoccupati dal rischio di un attacco. Lo stesso può dirsi anche per francesi e belgi.

La presenza dell'Italia - che ha meno combattenti in Medio Oriente - nella lista dei paesi che l'Is potrebbe voler colpire è più difficile da spiegare "anche se viene molto spesso menzionata come possibile bersaglio", si legge sul giornale, che cita la senatrice francese Nathalie Goulet. Una delle ipotesi, secondo la senatrice che ha codiretto una commissione di studio sui foreign fighters europei, è che l'Italia potrebbe essere un bersaglio per la presenza del Papa. Tuttavia, conclude l'articolo, la potenziale minaccia nei confronti della Gran Bretagna è quella che viene più spesso menzionata.

E in proposito, gli esperti chiariscono che decine di jihadisti di nazionalità europea hanno ottenuto un periodo di 'aspettativa' dallo Stato Islamico per poter tornare in patria. Lo rivelano alcuni documenti sottratti all'Is e esaminati dal britannico Telegraph. La scoperta alimenta i timori che il gruppo terroristico stia organizzando nuovi attacchi contro l'Europa e l'Occidente. Dai documenti emerge che decine di foreign fighters hanno viaggiato con estrema facilità da e verso le aree che compongono il cosiddetto califfato.

Inoltre, dall'esame dei moduli di 'uscita ed entrata', appare evidente che il numero di jihadisti di nazionalità europea supera di gran lunga quello degli arresti effettuati. Un segnale di ulteriore preoccupazione per le polizie e l'intelligence occidentali. Si tratta di un'attenta documentazione curata dalla 'polizia di frontiera' e dai comandanti dell'Is tra il 2013 e la fine del 2014, in base alle richieste di 'congedo' che venivano presentate. Le carte rivelano i nomi dei combattenti, il loro ruolo nell'organizzazione, il nome di chi li aveva introdotti, le date di entrata ed uscita dal califfato, il punto di ingresso e le ragioni del congedo.


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Nuova strategia del terrore operata dal Califfato: attacchi terroristici sulle spiagge occidentali
Nel mirino Italia, Spagna, Francia secondo un giornale tedesco che cita fonti di Intelligence germaniche

ROMA (Italy) - Terroristi del'Is sarebbero pronti a compiere attacchi sulle spiagge italiane, spagnole e francesi . Lo scrive il quotidiano popolare tedesco Bild, che cita l'intelligence tedesca del Bnd, informata dagli omologhi italiani sulla base di una fonte credibile in Africa. I terroristi dello Stato Islamico arriverebbero sulle spiagge travestiti da venditori di gelati o magliette. Secondo il tabloid tedesco, sono a rischio le spiagge del sud della Francia, della Costa del Sol in Spagna e delle coste italiane con attacchi simili a quello avvenuto nel giugno dello scorso anno sulla spiaggia tunisina di Soussa, costato la vita a 38 turisti. (foto: Tunisia)


E in merito alla denuncia del giornale tedesco: Il "concreto piano" di attacco prevede spari sulla folla dei bagnanti con armi automatiche, attacchi suicidi ed esplosivi nascosti sotto la sabbia - si segnala un importante passaggio: "Potrebbe essere una nuova dimensione del terrore. Non si possono proteggere le spiagge delle vacanze", afferma un alto funzionario citato dal quotidiano popolare. A quanto si legge, in difficoltà finanziaria e sul terreno in Iraq e Siria, l'Is avrebbe deciso di rivolgersi verso obiettivi relativamente facili come le spiagge. La minaccia, continua il quotidiano popolare noto per i titoli sensazionalisti, verrebbe da Boko Haram, gruppo terrorista nigeriano alleato dell'Is. E i potenziali terroristi sarebbero persone che vengono dall'Africa con visti e documenti regolari, non i migranti sui barconi. Secondo Seck Pouye, capo della polizia della città senegalese di Saly, "questa gente viaggia regolarmente verso l'Italia e altri luoghi con visto e documenti. Non sono illegali perché sono considerati uomini d'affari e commercianti. Questo li rende pericolosi".

Intanto Strasburgo ha approvato la direttiva che istituisce il registro europeo dei dati dei passeggeri aerei, Pnr, considerato uno strumento importante nella lotta al terrorismo. La proposta di direttiva europea sul Pnr (Passenger Name Records) mira a contrastare con maggiore efficacia il fenomeno dei foreign fighters. Dopo gli attentati di Parigi del novembre 2015 la proposta è tornata di attualità, come strumento per contrastare il fenomeno dei foreign fighters, i cittadini Ue che vanno in Siria o altrove a combattere e che possono tornare in patria radicalizzati, militarmente addestrati e pericolosi. I dati Pnr sono le informazioni sui passeggeri dei voli detenuti dalle compagnie aeree per motivi operativi: contengono il nome del passeggero, le date di viaggio, l'itinerario e i metodi di pagamento.

I dati Pnr vengono già raccolti dalle forze dell'ordine per motivi di sicurezza in alcuni Stati (Regno Unito e Danimarca). Secondo la direttiva proposta, le compagnie aeree saranno obbligate a trasferire (in modalità 'push') i dati Pnr dei passeggeri dei voli extra Ue allo Stato membro in cui l'aereo atterrerà o dal quale partirà. Ogni Stato creerà una Unità per le Informazioni sui Passeggeri (Passenger Information Unit, Piu), che avrà il compito di ricevere, conservare e valutare i dati, principalmente attraverso il confronto con le altre banche dati, in modo da identificare le persone che richiedono esami ulteriori da parte delle autorità competenti.


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L'Italia si prepara alla missione in Libia contro lo Stato Islamico
Cinquemila uomini e mezzi di Esercito, Marina e Aeronautica pronti a sbarcare sulle coste nordafricane
Dei quattro ostaggi italiani, due sono stati uccisi dai militanti dell'ISIS e due liberati

ROMA (Italy) - Un comando terrestre a livello di Divisione, una componente navale, ricognizioni aeree dei caccia e degli 'Uav' senza pilota, una task force di forze speciali, assetti specialistici del Genio e delle Trasmissioni, per un totale di circa 4-5mila militari sotto il coordinamento assicurato dal Coi, Comando Operativo di Vertice Interforze della Difesa. Questa, la possibile fisionomia del contingente italiano che contribuirà alla missione multinazionale.
Dovrebbero farne parte anche Germania, Gran Bretagna e Francia) contro lo Stato Islamico in Libia.


Molto concreta l'ipotesi di concedere le basi aeree italiane nel Sud Italia per le manovre aeree della coalizione internazionale che andrà a formarsi. Manovre alle quali potrebbe dare il proprio contributo il dispositivo di 'Uav' senza pilota dell'Aeronautica militare, droni di stanza ad Amendola (Foggia), impiegabili in buon numero, anche una decina se necessario. La componente navale potrà eventualmente attingere dalle unità navali già impegnate in questi mesi nelle operazioni 'Eunavformed' e 'Mare Sicuro' nel Canale di Sicilia. Non escluso l'impiego della portaerei Cavour, l'ammiraglia della flotta italiana, con il ruolo di nave-bandiera. Sul terreno dovrebbero operare un comando mobile di proiezione all'estero (basato probabilmente sui mezzi e le strutture della Divisione Acqui di stanza a San Giorgio a Cremano) e circa 2.500 militari italiani tra paracadutisti della 'Folgore', fucilieri di Marina del 'San Marco', forze speciali come gli incursori del Comsubin e il nono reggimento d'assalto Col Moschin.

Il Comando aereo dovrebbe essere di stanza a Trapani almeno per la prima parte delle operazioni, non esclusa successivamente anche una base in territorio libico. In azione i droni Predator per voli di ricognizione sul territorio libico, compito che potrebbe essere assicurato anche dai caccia Tornado o dagli Amx schierati lo scorso gennaio nella stessa base siciliana per compiti di sorveglianza aerea dell'area.

Intanto in Libia Fausto Piano e Salvatore Failla sono rimasti uccisi durante un blitz delle milizie libiche, legate al governo di Tripoli per liberarli dai loro rapitori dello Stato Islamico. A indicare il luogo dove si trovavano i due italiani è stato l'autista che era con loro quando vennero sequestrati lo scorso luglio insieme agli altri due colleghi , Filippo Calcagno e Gino Pollicardo.

Nonostante l'accelerazione delle ultime ore impressa alla vicenda, è dallo scorso settembre che in ambienti libici sarebbe stato noto il fatto che Piano e Failla, dopo il rapimento erano stati divisi dagli altri due loro colleghi della Bonatti, Pollicardo e Calcagno, che secondo il sito del Libya Herald, "sarebbero stati tenuti altrove da Abdullah Dabbashi, comandante dell'Is nella città di Sabrata". Secondo il sito l’uccisione dei due connazionali sarebbe avvenuta "mentre venivano usati come scudi umani da miliziani dell'Is". Secondo la fonte, il gruppo di militanti era formato da otto uomini, quattro donne e alcuni bambini, tutti tunisini.

Failla, 47enne, originario di Carlentini, in provincia di Siracusa, era un saldatore specializzato. Padre di due figlie di 22 e 12 anni, prima di spostarsi in Libia aveva lavorato in Tunisia. Piano, invece, era un meccanico di 60 anni di Capoterra (Cagliari). Sposato, con tre figli, Giovanni, Stefano e Maura, prima di lavorare per la Bonatti di Parma, gestiva un'officina meccanica. In Libia era arrivato solo una settimana prima del rapimento.

Sono stati liberati, invece, Calcagno, 65enne di Piazza Armerina (Enna), già tecnico Eni, sposato e con due figlie, e Pollicardo, originario di Monterosso, nelle Cinque Terre, in provincia di La Spezia. i due tecnici italiani della ditta Bonatti rapiti a luglio in Libia insieme a Fausto Piano e Salvatore Failla, uccisi a Sabrata. Si trovano ora sotto la tutela del Consiglio militare di Sabrata e sono in buona salute. (AdnKronos)


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Siria, strage dell'Isis, "300 vittime e 400 rapiti"
Una delle più gravi stragi commesse in un unico giorno in quasi cinque anni di guerra civile in Siria
I terroristi di Al Qaeda uccidono 26 occidentali in Burkina Faso, un bambino italiano tra le vittime

ROMA (Italy) - “300 i civili, in maggioranza donne, bambini e anziani sono stati uccisi dai miliziani dello Stato islamico vicino Deir Ezzor nella Siria dell’est”. Una delle più grandi stragi della guerra civile siriana è stata commessa sabato 16 gennaio. L’annuncio arriva da Sana, l’agenzia ufficiale del paese.
L’attacco avvenuto nella giornata di sabato, come riferiscono le emittenti locali, sarebbe stato anticipato da uno sciame di kamikaze, poi i miliziani dell’Is sarebbero riusciti ad entrare e prendere il controllo di Al-Baghaliyeh, un villaggio controllato dalle forze governative, dove avrebbero prima ucciso 35 soldati e poi sarebbero passati ad attaccare i civili uccidendone 300. “Li hanno uccisi casa per casa” e i loro corpi “sono gettati nel fiume Eufrate” raccontano gli attivisti.


“300 i civili, in maggioranza donne, bambini e anziani sono stati uccisi dai miliziani dello Stato islamico vicino Deir Ezzor nella Siria dell’est”. Una delle più grandi stragi della guerra civile siriana è stata commessa sabato 16 gennaio. L’annuncio arriva da Sana, l’agenzia ufficiale del paese. L’attacco avvenuto nella giornata di sabato, come riferiscono le emittenti locali, sarebbe stato anticipato da uno sciame di kamikaze, poi i miliziani dell’Is sarebbero riusciti ad entrare e prendere il controllo di Al-Baghaliyeh, un villaggio controllato dalle forze governative, dove avrebbero prima ucciso 35 soldati e poi sarebbero passati ad attaccare i civili uccidendone 300. “Li hanno uccisi casa per casa” e i loro corpi “sono gettati nel fiume Eufrate” raccontano gli attivisti.

Come se non bastasse, ad acuire quella che è stata definita “la più grande strage commessa in un solo giorno in 5 anni di guerra civile”, altri 400 civili tra bambini, donne e familiari dei combattenti pro regime, sarebbero stati rapiti e portati verso ovest, vicino Raqqa, capitale dello Stato Islamico. A riferirlo è il capo dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani Rami Abdel Rahame. “Temiamo - annuncia, che i 400 civili vengano giustiziati o ridotti in schiavitù con il pretesto di essere sostenitori del regime”. Il premier siriano Wael al Halaqi ha invece dichiarato l’esistenza di una responsabilità “legale e morale di questo massacro di tutti gli stati che sostengono il terrorismo”.

Infatti, durante la notte i caccia russi avrebbero condotto raid a sostegno di Assad ad Al-Baghaliyeh per aiutare le truppe siriane di terra mentre secondo le fonti governative l’immediato contrattacco dell’esercito regolare sarebbe riuscito a respingere gli jihadisti e avrebbe ucciso il comandante dell’Is di Deir Ezzorr, Abu Hamas al-Ansari. Se confermata la notizia potrebbe spostare l’ago della bilancia a favore di Assad in un assedio che, da marzo, vede protagonista la provincia di Deir Ezzor, punto strategico di raccordo tra Raqqa e i territori del Califfato Nero in Iraq.

Intanto si apprende che c'è anche un italiano tra le vittime degli attacchi terroristici a Ouagadougou, nel Burkina Faso. Si tratta del figlio di nove anni di Gaetano Santomenna, l'italiano titolare del ristorante-caffé Cappuccino, preso d'assalto dai terroristi che hanno attaccato anche il vicino hotel Splendid. Ne ha dato conferma il ministero degli Esteri ucraino secondo quanto riportano i media di Kiev. Insieme al bambino sono morte anche la madre, la zia e alla nonna, tutte cittadine ucraine.

Il bilancio, secondo quanto confermato dal primo ministro del Burkina Faso Paul Kaba Thieba, nel corso di una riunione d'emergenza del governo, è di 26 persone uccise, tra le quali molti stranieri, tra cui otto canadesi, uno statunitense, due cittadini svizzeri e due francesi. Sono invece 56 le persone rimaste ferite: alcuni versano in gravi condizioni, ha riferito Thieba.

L'attacco è stato rivendicato da Al Qaeda nel Maghreb islamico che ha attribuito l'assalto al gruppo jihadista al-Mourabitoun, lo stesso che aveva rivendicato l'attacco dello scorso novembre all'hotel Radisson di Bamako, in Mali. Nel riferire i risultati dell'operazione, il ministro dell'Interno Simon Compaore ha detto che gli ostaggi di varie nazionalità tratti in salvo nell'hotel Splendid sono stati 126 mentre altri 30 sono stati liberati dal caffè Cappuccino attiguo all'albergo.

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La coalizione occidentale con in testa gli Usa pronta a schierarsi in campo contro lo Stato Islamico
Nelle prossime ore attese notizie circa l'impiego di uomini sul territorio del Califfato

ROMA (Italy) - Gli Usa puntano a intensificare gli sforzi per debellare l'Isis tanto in Siria quanto in Iraq, intendificando i bombardamenti aerei ma anche con operazioni militari sul terreno: lo ha riferito il capo del Pentagono, Ashton Carter, durante l'audizione davanti alla commissione Forze Armate del Senato che lo ha visto protagonista insieme al comandante dello stato maggiore interforze, generale Joseph Dunford.

"Non esiteremo ad appoggiare le forze locali, in quanto alleati capaci, negli attacchi mirati contro l'Isis, oppure ad attaccare direttamente, con incursioni dal cielo o agendo in prima battuta sul terreno", ha spiegato Carter. Ancora" esecuzioni spettacolo" per i militanti dello Stato islamico che hanno ucciso tre persone legandole alle colonne del sito archeologico di Palmira, patrimonio dell'Umanità, e facendole esplodere. Rituali che si ripetono ormai da mesi e diretti a scuotere l'opinione pubblica internazionale.


L'Is ha il controllo di Palmira da maggio e da allora ha distrutto molte statute e due dei suoi templi, quello di Bel e di Baalshamin. In luglio i fanatici del Califfo hanno diffuso un video nel quale veniva mostrata un'esecuzione di massa all'interno dell'anfiteatro di Palmira. Ad agosto i miliziani hanno giustiziato anche il custode del sito, Khaled Al-Asaad. Ed è di queste ore lo studio degli Stati Uniti di considerare l'ipotesi di spostare le proprie truppe più vicine alla prima linea in Iraq e in Siria. Lo riferisce il Washington Post, citando alti consiglieri della sicurezza nazionale che negli ultimi giorni avrebbero aumentato il loro pressing sulla Casa Bianca. Ipotesi che se trasformate in fattibilità potrebbero vedere la partecipazione attiva di tutte le forse occidentali nonchè della NATO. Le affermazioni del segretario alla Difesa confermano le indiscrezioni pubblicate dal Washington Post e dal Wall Street Journal', secondo cui la Casa Bianca sta esaminando una serie di proposte commissionate ai propri consiglieri, che prevedono tra l'altro lo spostamento di truppe in prossimita' delle linee del fronte, cosi' da rendere piu' efficace la lotta ai jihadisti che finora ha dato risultati insoddisfacenti.

Due giorni fa il Site, il sito di monitoraggio dell'estremismo islamico sul web, ha dato conto di un'altra barbara 'esecuzione', immortalata in tragiche foto pubblicate dai jihadisti: un soldato siriano è stato messo davanti a un carro armato, che poi gli è passato sopra, facendolo a pezzi. Altre decine di militari, in Siria e Iraq, sono stati costretti a scavarsi la fossa, prima di essere sgozzati o colpiti da un proiettile alla nuca. Mentre solo ieri, in Libia, nella roccaforte jihadista di Sirte, l'Isis ha decapitato tre giovani, originari di Misurata, nel cortile di una scuola. Nelle ultime due settimane, nel Paese destabilizzato dalla crisi politica, l'Isis ha crocifisso 12 persone, accusate di "aver fumato sigarette e hashish".

E il quotidiano web Huffington Post racconta di 70 prigionieri salvati mentre erano sul punto di essere giustiziati dall'Isis.
Sono stati salvati grazie all'intervento congiunto delle forze speciali americane e dei peshmerga curdi. I 70 prigionieri erano detenuti Hawija, nel nord dell'Iraq. Il blitz è stato eseguito dopo che le forze statunitensi hanno ricevuto informazioni riguardo "un'esecuzione di massa imminente", ha affermato Peter Cook, portavoce del Pentagono.
Nelle immagini riprese da una camera installata sull'elmetto di un soldato, si vedono decine di prigionieri scappare sotto gli spari. Nell'operazione delle forze speciali, la prima in Iraq condotta contro lo Stato Islamico, sono stati uccisi 20 terroristi mentre 6 sono stati arrestati. Nel raid si conta anche una vittima americana: si tratta del sergente Joshua L. Wheeler, primo soldato statunitense a cadere in Iraq dal 2011 e prima vittima nella lotta all'Isis.


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La bandiera nera dell'Isis sventola sulla città di Palmira, il sito archeologico patrimonio dell'umanità
As thousands flee Syria’s besieged historic city of Palmyra, UN refugee agency readies response plan

ROMA (Italy) - The United Nations refugee agency and its partners are preparing aid for some 11,000 people fleeing the ancient Syrian city of Palmyra and surrounding villages, which have been overrun by militant forces this week.

La città della leggendaria regina Zenobia - dal tempio di Baal alla strada colonnata, dalla necropoli alle terme di Diocleziano - è essa stessa un irripetibile e straordinario museo a cielo aperto, ma anche nel chiuso delle 12 sale del museo vero e proprio si nasconde un tesoro immenso e fragilissimo che ora rischia di andare perso. Situated in central Syria, Palmyra had been sheltering thousands of people forcibly displaced from other parts of Syria for the past three years. It was reportedly captured from the Syrian army on Wednesday, along with the nearby World Heritage-listed archaeological sites.


Fondato nel 1961 all'entrata della città moderna, raccoglie numerosi reperti ritrovati nel sito archeologico che testimoniano l'alto livello di raffinatezza raggiunto dall'arte palmirea. Già dal giardino, dove il visitatore viene accolto dalla bellissima statua di leone trovata vicino al tempio di Atena Allath e da tanti altri reperti, ci si rende conto di essere in luogo più che speciale. E poi l'atrio con la ricostruzione della grotta dell'età della pietra scoperta a 22 chilometri a nord della città. Nei due piani della costruzione oltre a statue, sarcofaghi, monete, tessere in terracotta per l'ingresso a templi, stucchi e vetri stupendi, ci sono i famosissimi rilievi funerari con il ritratto del defunto che chiudevano i loculi delle tombe collettive dei clan locali.

He said that the Al-Birr Society, a local implementing partner, has started to distribute UNHCR aid and prepare reception centres and according to UNHCR, Al-Birr has reported that “people are arriving exhausted, scared and in increasing numbers.” The refugee agency is now sending more relief supplies to Al-Qarayateen and Furglus to meet the rising needs, though UNHCR expects new arrivals will move further west towards the city of Homs. UNHCR teams in Homs first noticed an increase in the number of displaced people some weeks ago, when clashes began near Al-Sukhneh, about 70 kilometres north-east of Palmyra.

Last week, the Syrian Arab Red Crescent, prepared two public buildings as shelters in Palmyra to host almost 1,000 people who had fled Al-Sukhneh. These people have since left Palmyra and moved to Al-Qarayateen. UNHCR is working with sister UN agencies and NGO partners to deliver a response plan to the new displacement, expected to increase in the coming days. Inscribed on the UN Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) World Heritage List, the historic city of Palmyra contains the ruins of “one of the most important cultural centres of the ancient world.”

From the 1st to the 2nd century, the art and architecture of Palmyra, standing at the crossroads of several civilizations, married Graeco-Roman techniques with local traditions and Persian influences. Earlier this week, UNESCO chief, Irina Bokova, reiterated her appeal for an “immediate cessation of hostilities” in the Syrian city, urging the international community “to do everything in its power to protect the affected population and safeguard the unique cultural heritage Palmyra.” Some 12.2 million people, including 5.6 million children, need humanitarian assistance throughout Syria. And by conservative estimates, more than 220,000 Syrians have died in the conflict, but that number is likely much higher.


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L'orrore dell'Isis non ha fine, decapitati l'ostaggio americano Peter Kassig e 15 soldati siriani
La cordata dei paesi coalizzati per combattere i terroristi, purtroppo avanza lentamente
mentre l'occidente grida sempre più forte la propria rabbia e chiede interventi radicali e risolutivi

ROMA (Italy) - L'ostaggio americano Peter Kassig è stato decapitato. Lo annuncia l'Isis in un nuovo video in cui si mostra l'uccisione dell'ostaggio in Siria. Nel video, postato dall'Isis su diversi siti jihadisti, si vede un boia con il volto coperto in piedi accanto ad una testa decapitata. Oltre a Kessig i terroristi hanno anche compiuto la decapitazione di massa di diversi soldati siriani fatti prigionieri. L'occidente grida sempre più forte la propria rabbia e chiede interventi radicali e risolutivi da parte delle forze di coalizione capeggiate dagli States.

Kassig, 26 anni, si chiamava Abdul Rahman/Peter da quando si era convertito all'Islam. Era stato rapito il 1 ottobre mentre si trovava in Siria dove lavorava come operatore umanitario. Ex ranger, dopo aver intrapreso corsi per diventare assistente medico, si era trasferito in Libano, dove aveva fondato l'organizzazione no profit Sera (Special Emergency Response and Assistance).


Quindici soldati trucidati - Sono 15 i soldati siriani decapitati dall'Isis in un video di 16 minuti postato su diversi siti jihadisti nel quale si mostra anche la decapitazione dell'ostaggio americano Peter Kassig. Nel filmato, i jihadisti e i soldati camminano gli uni dietro agli altri. A un certo punto, i terroristi prendono un grosso coltello, fanno inginocchiare la loro vittima e poi la decapitano. L'intelligence Usa sta lavorando "il più velocemente possibile" per verificarne l'autenticità. Lo ha annunciato la portavoce del National Security Council, Bernadette Meehan. "Se confermata, siamo scioccati dalla brutale uccisione di un innocente operatore umanitario americano ed esprimiamo le nostre più profonde condoglianze a famiglia e amici". Nel filmato un miliziano mascherato mostra una testa decapitata, indicata come quella di Kassig, che si era convertito all'Islam durante la prigionia e aveva assunto il nome di Abdul-Rahman Kassig. La sua uccisione era stata minacciata ad ottobre, nel video nel quale l'Is mostrava la decapitazione dell'ostaggio britannico Alan Henning .

I genitori di Peter Kassig lanciano intanto un appello ai media, chiedendo che non diffondano il video "per evitare di cadere nel gioco dei sequestratori". Il mese scorso, la famiglia aveva diffuso alcuni passaggi di una lettera ricevuta dal figlio nella quale venivano raccontate le difficoltà della prigionia. "Questa è la cosa più dura che un uomo può trovarsi ad affrontare - si leggeva - lo stress e la paura sono incredibili".

Riuscito a sopravvivere all’attacco dei jet Usa, il Califfo Abu Bakr al-Baghdadi punta a testimoniare in fretta che il proprio Stato Islamico (Isis) ha radici sempre più solide nei territori conquistati in Iraq e Siria: a suggerirlo sono le immagini sulle prime monete in metallo che i jihadisti si avviano a coniare. A diffonderle sono i siti Internet del Califfato, spiegando che il “dinaro islamico” avrà versioni in oro, argento e bronzo entrando in circolazione per “consentire ai credenti di sfidare il tirannico sistema monetario creato dalle economie occidentali per schiavizzare i musulmani”. Nei disegni delle monete che “saranno coniate dal Califfato” si vedono la tradizionale mezzaluna musulmana, una mappa del globo, il profilo della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme ed anche insegne tribali, fatte di lance e scudi. In particolare, le monete dorate hanno impresso il simbolo sette fasci di grano, menzionato dal Corano, mentre il riferimento alla mappa dell’intero globo conferma l’intenzione di Al-Baghdadi di puntare alla conquista del Pianeta, andando ben oltre le terre dell’Islam. (Redazione)


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Isis pronto ad attaccare Baghdad: diecimila jihadisti alle porte della città
Onu: a Kobane si rischia una nuova Srebrenica. La follia che assale i militanti che combattono per il Califfato

ROMA (Italy) - Circa 10mila jihadisti dell'Isis sarebbero alle porte di Baghdad, pronti a sferrare un attacco alla capitale irachena. A riportarlo è il sito della tv Al Arabiya che cita un alto funzionario governativo iracheno. Intanto il capo di stato maggiore interforze Usa, Martin Dempsey, è convinto che "Mosul diventerà a un certo punto il campo di battaglia decisivo sul terreno".

Onu: "Si rischia una nuova Srebrenica": il genocidio eseguito dai serbi nella guerra 1992-1995 in cui furono giustiziati circa ottomila uomini e ragazzi bosniaci. Secondo l'ong Ondus i jihadisti si sono impadroniti del comando delle forze curde; 500-700 civili sono intrappolati nella città, circa 10.000 persone sono ammassate al confine. L'Onu lancia l'allarme "si rischia un massacro" e chiede alla Turchia di intervenire per difendere Kobani. Migliaia di curdi hanno sfondato il confine tra Turchia e Siria per accorrere alle difesa di Kobane. (Nella foto una curda corre a difendere Kobane dai fanatici dell'Isis)


I jihadisti dell'Isis sono riusciti a impadronirsi del quartier generale delle forze curde a Kobani, secondo quanto riferisce l'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus). I miliziani dello Stato islamico hanno preso il controllo del comando delle forze curde. La città è ormai sotto assedio da giorni e la resistenza dei curdi si sta facendo sempre più debole. I jihadisti, nelle ultime ore, stanno anche provando a raggiungere il confine con la Turchia da Nord, ha riferito l'Osservatorio siriano sui diritti umani ma assicura il viceministro degli Esteri del governo autonomo di Kobani, Idris Nuaman, ancora si può passare in territorio turco attraverso un valico strenuamente difeso dai miliziani curdi.

Intanto l'inviato dell'Onu per la Siria, Staffan de Mistura ha inviato un appello al governo di Ankara per scongiurare la caduta della città. "Cosa intraprendere spetta alle autorità turche deciderlo" ma la Turchia potrebbe consentire al flusso di "volontari" di entrare in Siria per difendere la cittadina a maggioranza curda a ridosso del confine turco-siriano assediata dall'Isis". E aggiunge "le Nazioni Unite non vogliono un altro massacro come quello che avvenne a Srebrenica". 500-700 persone anziane e altri civili sono intrappolati nella città, l'allarme dell'inviato Onu, mentre da "10.000 a 13.000 sono vicino al confine tra Siria e Turchia". Per il diplomatico quindi tutto quanto può deve essere fatto per frenare l'avanzata dell'Isis.

E per comprendere la follia che imperversa tra i proseliti del Califfato, può servire la notizia che giunge dall'intransigente Austria. Due ragazze sono fuggite da Vienna il 10 giugno scorso lasciando un biglietto: "Inutile cercarci: ci vediamo in paradiso Serviremo Allah e moriremo per lui". Samra Kesinovic e Sabina Selimovic hanno, rispettivamente, 17 e 15 anni, sono di origine bosniaca, ma con le famiglie hanno vissuto gran parte della loro vita nella capitale austriaca. E a Vienna le due adolescenti hanno cominciato a frequentare alcune moschee dove probabilmente hanno trovato i contatti che le hanno poi condotte in Siria a combattere e sostenere l'Isis. Arrivate al fronte hanno pubblicato foto sui loro profili twitter che le ritraevano con il niqab, mentre dei guerriglieri islamici brandivano fucili in direzione dell'obiettivo. Ma poi l'entusiasmo è venuto meno quando si sono ritrovate ad essere giovani mogli di guerriglieri curdi jihadisti e sono rimaste incinte.

Almeno Sabina Selimovic si è sicuramente pentita, e secondo il giornale austriaco Oesterreich, da Raqqa, città al nord della Siria e ‘capitale’ dell'autoproclamatosi Stato Islamico avrebbe cercato di contattare amici e familiari per tornare in Europa, . Sull'argomento si è espresso il Ministero degli Interni austriaco attraverso il portavoce Karl-Heinz Grundboeck, che ha chiarito che "una volta partiti, è quasi impossibile tornare" nel paese. Esclusa questa possibilità, non si fermano comunque le ricerche delle due ragazze. Anche l'Interpol ha pubblicato sul sito le foto di Samra e Sabina. Quest'ultima era data per morta a metà settembre. I giornali hanno poi smentito la notizia dopo un messaggio via Whatsapp inviato ad un'amica. (Redazione)


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Il Califfato (Isis) a un passo dal confine Turco. La minaccia all'occidente ora è reale
Ma chi sono i guerriglieri dello Stato islamico di Abu Bakr Al-Baghdadi

Intervista esclusiva ad Antonella Colonna Vilasi presidente del centro studi sull'intelligence (UNI)

ROMA (Italy) - L’Isis avanza ed è a alle porte dalla Turchia. Diverse bandiere del Califfato sono state issate nella zona orientale di Kobane, la città siriana a ridosso del confine turco. L’avanzata delle truppe del califfato, affermano ufficiali curdi, è favorita dal fatto che i combattenti hanno preso il controllo di una collina strategica nei pressi della cittadina da cui possono dominare con l’artiglieria tutta l’area. Assediata da diverse settimane, Kobane è capitolata mentre la Turchia osserva la scena da 800 metri di distanza, quanto basta per far tremare la Nato e l'occidente intero.

Il leader della formazione tunisina Ansar al Sharia, Abou Iyadh, dalla latitanza ha lanciato un appello al capo di al Qaida nel Maghreb islamico, l'emiro Abdelmalek Droukdel, affinché insieme si alleino con lo Stato islamico di Abu Bakr Al-Baghdadi. Mentre il movimento islamico dell'Uzbekistan, un gruppo legato ad Al-Qaida e attivo anche in Afghanistan e nelle zone tribali pakistane, ha annunciato il suo sostegno all'Isis.


Presidente Vilasi, l'IS può essere considerata un’organizzazione terroristica come al-Qaeda? "Gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico o IS sono una sigla di successo del terrorismo islamico internazionale. L'IS è appoggiato da al Qaeda (nel Maghreb Islamico del Nord Africa e nella Penisola Arabica), ed ha il sostegno dei talebani pakistani, importante passo in avanti per la jihad globale e per la creazione di un Califfato Islamico con una gittata geopolitica che superi i territori della Siria e dell' Iraq. Al Baghdadi si è rafforzato con il supporto delle tribù di Al Anbar, che precedentemente avevano combattuto contro Al Qaeda. L'intelligence Usa ha sottovalutato la volontà dell’IS di combattere. I segnali che lo Stato islamico stava guadagnando forza erano già emersi quando i funzionari dell'Intelligence statunitense avevano espresso allarme anche pubblicamente."

In cosa differisce da AL Qaeda? "Al Qaeda è un'organizzazione terroristica jihadista che non ha conquistato sinora territori con l'obiettivo di creare un “Califfato” come nel caso dell'IS. Secondo una visione “complottista”, l’IS è stato agevolato e manovrato dai servizi dei vari Paesi coinvolti. Il militare algerino in pensione ed esperto di lotta antiterrorista Ali Zaoui ipotizza dietro il rapimento e l’esecuzione del cittadino francese Pierre Gourdel i servizi segreti francesi, con la finalità di coinvolgere l’Algeria nella coalizione contro l’IS. Secondo un'altra scuola di pensiero le colpe vanno addossate alla politica di Bush JR: a causa delle molte atrocità perpetrate dalla coalizione a guida americana durante la guerra in Iraq, la società irachena è stato terreno fertile per la predicazione di Al Baghdadi e dei suoi seguaci sunniti, emarginati dall'establishment sciita al potere."

In rete gli appartenenti all’IS si scambiano info dimostrando di conoscere i nomi degli equipaggi impegnati nei raid aerei della coalizione, dei quali mostrano immagini e copie dei documenti… quali le loro fonti? Possiamo parlare di intelligence così avanzata da far invidia a quella di molti governi? "Si, la rete di intelligence jihadista è ampia e diffusa e gode di molti consensi, con penetrazioni ed infiltrazioni anche nelle strutture di intelligence occidentali."

In molti paesi membri dell’UE c’è un vuoto legislativo… gli jihadisti che partono per i fronti di guerra tornano in Europa quasi indisturbati… quali i rischi? "I giovani europei di seconda o terza generazione che abbracciano il radicalismo islamico sono guerrieri di una jihad militante. Con tutti gli interrogativi sulla sicurezza una volta che ritornano dalla guerra, nei rispettivi paesi europei. Secondo le stime dell'Unione Europea più di 3000 cittadini europei sono partiti per unirsi ai combattenti in Siria ed Irak. Una polveriera che ha portato Papa Francesco a intervenire con decisione ed ad affermare che siamo nella Terza Guerra mondiale."

L’IS ha creato un suo ufficio stampa, i suoi media etc, quanto è importante per il califfato la campagna mediatica? "Importantissima visto che la propaganda dell'IS ha l'obiettivo di terrorizzare e diffondere la potenza dell'offensiva contro l'Occidente."

Twitter e facebook in questi giorni hanno cancellato migliaia di profili di jihadisti, quale il danno arrecato alle intelligence occidentali che potevano attingere informazioni? "Si notevole, benchè l'intelligence sia in possesso degli strumenti necessari per risalire agli account twitter e facebook, che lasciano una traccia informatica." (Giorgio Esposito)

Antonella Colonna Vilasi è presidente del Centro Studi sull'intelligence (UNI). Collabora con numerose riviste scientifiche, nelle quali pubblica articoli su intelligence e sicurezza. Insegna intelligence in numerose agenzie ed università. E' professore ordinario americano e visiting professor di intelligence a Atene, Bucarest, Londra, Madrid, Malta, Parigi e Tirana. Tra gli altri, ha di recente pubblicato: Manuale di intelligence e Islam tra pace e guerra.

Islam tra pace e guerra - Una civiltà, quella islamica, in cui Stato e religione sono integrati al punto tale da sfociare nella cosiddetta "guerra santa". L'Islam, soffocato dal perenne conflitto tra pace e guerra, ha visto nascere, a partire dagli anni Sessanta, numerose organizzazioni criminali volte al terrorismo internazionale. Nella sua Introduzione, il giudice Rosario Priore definisce l'opera come "un trattato completo sulle organizzazioni terroristiche arabe ed islamiche" ed elogia l'approccio esaustivo alla materia; mentre nella Prefazione Vittorfranco Pisano, capo del Dipartimento Sicurezza e Intelligence dell'Università "Hugo Grotius", sottolinea come il volume sia volto a fornire un contributo decisivo per la comprensione del fenomeno terroristico nella sua complessità.


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L’Isis decapita l’ostaggio inglese Alan Henning. I miliziani: il prossimo sarà lo statunitense Kassig
Henning era un autista di taxi ed era stato catturato in Siria nove mesi fa
quando si era unito con degli amici musulmani a un convoglio che portava aiuti in Siria

ROMA (Italy) - I jihadisti dello Stato Islamico hanno diffuso un nuovo video con la decapitazione di un nuovo ostaggio britannico. Si tratta di Alan Henning, 47 anni. E' il quarto ostaggio occidentale decapitato 'in diretta' dall'Isis. Ora il boia minaccia l'americano Peter Kassig. I jihadisti avevano mostrato le sue immagini in occasione dell'uccisione di David Haines, lo scorso mese, minacciando di fargli fare la stessa fine. Martedi' scorso la moglie di Henning aveva lanciato un appello all'Isis chiedendo il rilascio del marito.

Si tratta del secondo inglese ucciso in Siria da quando la Gran Bretagna si è unità ai raid contro lo Stato islamico a fianco degli Usa e dei suoi alleati arabi, Giordania, Arabia Saudita e Emirati Arabi. Prima di Henning erano stati uccisi gli americani James Foley e Steven Sotloff e lo scozzese David Haines.


Alan Henning era caduto nelle mani dei jihadisti nel dicembre del 2013 ed era stato minacciato di decapitazione nel video in cui veniva barbaramente ucciso lo scozzese David Haines. Padre di due bambini, originario di Manchester, Henning aveva 47 anni e dedicava il suo tempo libero a raccogliere aiuti per i bambini siriani e a trasportarli in Medio Oriente, con una piccola organizzazione di volontariato chiamata “Aid 4 Syria”. Secondo quanto riferiva a metà settembre il Daily Telegraph, Henning era al suo quarto viaggio in Siria quando il 26 dicembre del 2013 venne rapito da un gruppo di uomini mascherati nella città di Al Dana, vicino al confine con la Turchia. Un attivista siriano che aveva trascorso con lui una notte in prigionia, prima di riuscire a fuggire, ha raccontato che Henning era convinto che sarebbe stato liberato molto presto per via della sua attività di volontariato per una organizzazione musulmana. Ma non è stato così. Sarebbe stato trasferito dai suoi rapitori nella città siriana di Raqqa, considerata come la roccaforte dell’Isis.

Si tratta di un nuovo assassinio di un inglese da quando la Gran Bretagna si e' unita' ai raid contro lo Stato islamico a fianco degli Usa e dei suoi alleati arabi, Giordania, Arabia Saudita e Emirati Arabi. Secondo quanto riporta Site Intelligence Group, che monitora i gruppi jihadisti, il video, della durata di un minuto e undici secondi e dal titolo "Un altro messaggio all'America e ai suoi alleati", mostra Henning vestito con la consueta camicia arancione che dice: "A causa della decisione del Parlamento di attaccare lo Stato Islamico io, britannico, paghero' ora il prezzo di questa decisione". La scorsa estate l'Isis ha mostrato la decapitazione dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff. Lo scorso 13 settembre e' stato invece giustiziato il primo inglese, l'operatore umanitario David Haines. Nel video Henning appare in ginocchio con accanto il suo boia vestito di nero e con il volto coperto. (Redazione)


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ISIS plotting ‘imminent’ attacks on subways in US, Paris: Iraq’s PM
Islamic State terrorists are plotting an attack on the New York and Paris subway systems,
Iraq’s prime minister warned Thursday morning at the United Nations

ROMA (Italy) - Islamic State terrorists are plotting an attack on the New York and Paris subway systems, Iraq’s prime minister warned Thursday morning at the United Nations. Prime Minister Haider al-Abadi said he was told of the plot by his intelligence in Baghdad, and that it was from foreign ISIS fighters in Iraq, according to the Associated Press.

He said the attacks had not been thwarted yet, and he had alerted the United States. Al-Abhadi made the claim at a meeting with reporters at a gathering of world leaders at the General Assembly. Govs. Cuomo and Chris Christie said Wednesday there will be a surge of law-enforcement, as well as the military, at major transit hubs due to Middle East conflict. But they did not mention any specific threats by terror groups. A law-enforcement source said the NYPD has not been told yet of any specific planned attack.


The MTA has increased uniformed cops by 30 to 50 percent at high-volume stations, is increasing random bag checks, and is closely watching high-profile locations on security video. They did not immediately comment on the Iraq prime minister’s comments today.

President Obama on Wednesday charted a muscular new course for the United States in a turbulent world, telling the United Nations General Assembly in a bluntly worded speech that the American military would work with allies to dismantle the Islamic State’s “network of death” and warning Russia that it would pay for its bullying of Ukraine. Two days after ordering airstrikes on dozens of militant targets in Syria, Mr. Obama issued a fervent call to arms against the Islamic State — the once-reluctant warrior now apparently resolved to waging a twilight struggle against Islamic extremism for the remainder of his presidency. “Today, I ask the world to join in this effort,” Mr. Obama said, seeking to buttress a global coalition that he said would train and equip troops to fight the group, also known as ISIL, starve it of financial resources, and halt the flow of foreign recruits to its ranks. “Those who have joined ISIL should leave the battlefield while they can,” Mr. Obama said, foreshadowing the blows to come. “For we will not succumb to threats, and we will demonstrate that the future belongs to those who build, not those who destroy.” The brutality of the militants, he said, “forces us to look into the heart of darkness.”

Obama Calls On The World To Help Destroy ISIS - President Barack Obama on Wednesday appealed to the global community to help the United States bring down Islamic State militants, saying it will take a broad coalition "to dismantle this network of death." In remarks before the United Nations General Assembly in New York, Obama conveyed a strong message of collectivism, calling not just on the international community to reject violent extremism but also on the Muslim community to reject it. He used the word "collectively" four times; "together" 12 times; and "cooperation" four times. "There can be no reasoning, no negotiation, with this brand of evil," Obama said. "The only language understood by killers like this is the language of force. So the United States of America will work with a broad coalition to dismantle this network of death."

The 39-minute speech was also notable for what he did not say. Last year, he singled out nuclear negotiations with Iran and Syria’s civil war as two of his top priorities in the Middle East. On Wednesday, he mentioned them in only a cursory manner. Iran, he said, should not let the chance for a nuclear agreement slip by. But he made no reference to Iran’s president, Hassan Rouhani, who has made clear he does not want to shake hands with Mr. Obama this week, a gesture long-awaited as a symbol of thawed relations between Iran and the United States. Privately, American officials have expressed deep skepticism about the status of the negotiations with Tehran, and Mr. Obama’s subdued remarks suggested he shares that pessimism. The president also did not single out President Bashar al-Assad of Syria for criticism, as he did last year, over the use of chemical weapons, though he spoke of the brutality of the Assad regime. Mr. Assad has voiced support for the American-led strikes in Syria, and his air force has not interfered with American warplanes entering Syrian airspace.

In a sign of how the fight against the Islamic State has reordered priorities, Mr. Obama pledged to train and equip moderate rebels in Syria — something he long resisted and labeled a fantasy. He repeated calls for a political settlement to end the civil war there, acknowledging that “cynics may argue that such an outcome can never come to pass.” (Redazione)


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L'orrore dell'Isis esportato in Algeria, decapitato l’ostaggio francese rintracciato grazie a facebook
Herve Gourdel, viaggiatore e guida alpina, giustiziato per punire la Francia intervenuta nei raid aerei

ROMA (Italy) - E' stata decapitato l'ostaggio francese Hervè Gourdel, la guida alpina di 55 anni rapita l'altra sera a Tizi Ouzou, a 110 km a est di Algeri. Lo hanno annunciato gli stessi rapitori con un altro video choc.

Nel video, messo in rete dai jihadisti, l'ostaggio prima di essere decapitato, si rivolge direttamente al presidente Francois Hollande accusandolo di avere seguito la linea di Barack Obama. Gourdel si rivolge poi ai familiari, citandoli ciascuno per nome, ma a quel punto l'audio è interrotto. Hervè Gourdel, rapito domenica in Algeria da estremisti islamici e decapitato oggi, è stato individuato dai sequestratori tramite la sua pagina Facebook, in cui indicava i suoi spostamenti. Lo ha dichiarato a France Info lo specialista del mondo arabo Naoufel Brahimi.


L’ostaggio francese in Algeria, Herve Gourdel, è stato decapitato dai suoi rapitori. L’uccisione dell’uomo è stata documentata in un video intitolato Messaggio di sangue per il governo francese. Il gruppo jihadista algerino Jund al-Khilafa, alleato dello Stato Islamico, ha rivendicato in un video il sequestro della guida francese, 55 anni, avvenuto domenica sera a Tizi Ouzou, 110 chilometri ad est di Algeri, in Cabilia.

Il video postato dai jihadisti inizia con immagini della conferenza stampa del presidente François Hollande, durante la quale l’inquilino dell’Eliseo ha annunciato la partecipazione della Francia ai bombardamenti contro l’Isis in Iraq. Di seguito viene mostrato l’ostaggio in ginocchio e con le mani dietro la schiena, circondato da quattro uomini armati e la faccia coperta. Uno di loro legge un messaggio in cui denuncia l’intervento dei “crociati criminali francesi” contro i musulmani in Algeria, Mali e soprattutto in Iraq. L’ostaggio francese Herve Gourdel, prima di essere decapitato, si rivolge direttamente al presidente Francois Hollande accusandolo di avere seguito la linea di Barack Obama. Gourdel si rivolge poi ai familiari, citandoli ciascuno per nome, ma a quel punto l’audio è interrotto.

Lunedì scorso, i jihadisti di Jund al-Khilafa, un gruppo di fondamentalisti islamici che si dice affiliato all'Isis, aveva minacciato di uccidere entro 24 ore Hervè Gourdel, la guida alpina di 55 anni rapita nelle montagne dell'Algeria, se Parigi non avesse fermato i raid aerei contro le posizioni dello Stato islamico in Iraq. Ieri, da New York il presidente Francois Hollande aveva detto a chiare lettere che nonostante la gravità della situazione non si sarebbe piegato al 'ricattò dei terroristi. Il rapimento e la successiva decapitazione di Hervè Gourdel segue il terrificante messaggio audio, nel fine settimana, del portavoce dell'Isis, Abu Muhammed Al Adnani, in cui prendeva particolarmente di mira la Francia, l'unico Paese europeo ad aver lanciato i raid aerei contro lo Stato islamico, insieme agli Usa. In un video era stato rivendicato il sequestro del cittadino francese da parte di un gruppo armato algerino legato allo Stato islamico, chiamato Jund al-khilafah (soldati del califfato). (Redazione)

Hervé Gourdel postava le foto dei passaggi che ammirava in Algeria sul suo account Facebook, perchè gli amici lontani lo potessero seguire. L'hanno fatto anche i terroristi Jund al-Khilifa che, secondo la tesi di Naoufel Brahimi, sono riusciti così a geolocalizzarlo. Amava viaggiare e amava il trekking, Hervé Gourdel. E voleva condividere i suoi viaggi sulle montagne del mondo - dal Marocco al Nepal, fino all'Algeria - con tutte le persone che conosceva. Per questo pubblicava sul suo profilo Facebook le immagini mozzafiato dei paesaggi che ammirava sul suo cammino. E così è stato localizzato dai terroristi. Tramite il social network seguivano i suoi spostamenti, guardavano le fotografie e capivano la sua posizione. E' la tesi di Naoufel Brahimi, docente a Science Po e consulente internazionale sulle questioni del mondo arabo. Qui l'intevista rilasciata a France Info sulle sorti della guida alpina decapitata dagli affiliati di IS. Domenica scorsa i terroristi hanno individuato Gourdel e lo hanno rapito. Gli amici algerini che erano con lui sono stati derubati e liberati ma lui, cittadino francese, è diventato merce preziosa per gli uomini di Jund al-Khilifa. Lo hanno rapito, utilizzato come arma di ricatto - avevano lanciato un ultimatum al presidente Hollande: la sua vita in cambio della fine dei bombardamenti contro lo Stato Islamico in Iraq - e poi, dopo il rifiuto di trattare, decapitato.

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Stati Uniti e Paesi Arabi contro l’Isis, iniziati gli attacchi aerei per eliminare i terroristi del Califfato
Alle operazioni partecipano Arabia Saudita, Emirati arabi, Giordania, Bahrein e Qatar

ROMA (Italy) - Primi raid degli Usa e dei Paesi arabi "alleati" contro l'Isis in Siria. Secondo fonti dell'amministrazione americana hanno partecipato alle operazioni Arabia Saudita, Emirati arabi, Giordania, Bahrein e Qatar. I bombardamenti avrebbero interessato l'area in cui si trova la città di Raqqa, nel nordest del Paese, eletta dai jihaidisti del "califfato" dello Stato Islamico come loro capitale.

Con l'inizio dei bombardamenti in Siria è scattato il massima allerta negli Stati Uniti sul fronte dell'antiterrorismo, anche se al momento non si registrano minacce specifiche di attacchi contro obiettivi americani. Lo affermano fonti di intelligence citate dalla Cnn, ammettendo che la nuova offensiva contro l'Isis aumenta i rischi per la sicurezza nazionale. Minacce dei terroristi del Califfato anche per l'Italia e per la capitale Roma.


Dopo le minacce, l’offensiva. Gli Stati Uniti hanno dato il via questa notte alla prima campagna militare contro l’Isis: aerei da combattimento, bombardieri e missili Tomahawk sono stati lanciati contro obiettivi sensibili nel nord della Siria. I raid Usa in Siria si sono resi necessari per prevenire “un imminente attacco contro gli Usa e gli interessi occidentali” pianificato da veterani di Al Qaida, altresì conosciuti come il gruppo “Khorasan”. A riferirlo il comando centrale americano. Le prime azioni si sono concentrate sulla zona di Raqqa, trasformata in un bastione dai jihadisti del Califfo, e sono state portate avanti con un consistente numero di velivoli. Gli Usa hanno impiegato F16, F 15, F18, bombardieri B1 e Av 8 Harrier con l’appoggio degli aerei da rifornimento. In azione anche droni armati per garantire una presenza prolungata sulla zona operativa. I raid Usa in Siria contro le postazioni jihadiste sono stati avviati per prevenire "un imminente attacco contro gli Usa e gli interessi occidentali" pianificato da veterani di Al Qaeda, conosciuti come i 'Khorasan', il gruppo descritto dalla stampa americana come il più pericoloso dello Stato islamico.

Massima allerta attentati in Usa - Con l'inizio dei bombardamenti in Siria è scattato il massima allerta negli Stati Uniti sul fronte dell'antiterrorismo, anche se al momento non si registrano minacce specifiche di attacchi contro obiettivi americani. Lo affermano fonti di intelligence citate dalla Cnn, ammettendo che la nuova offensiva contro l'Isis aumenta i rischi per la sicurezza nazionale.

Gli obiettivi degli Usa in Siria - Secondo quanto riferisce il Washington Post, gli Usa avevano individuato almeno 20 obiettivi da colpire nella prima ondata di bombardamenti in Siria, azione che fa seguito alla campagna contro l'Isis avviata l'8 agosto in Iraq. Da allora, a ritmo quotidiano, i caccia americani hanno preso di mira e distrutto almeno 190 obiettivi. Fino ad ora si è trattato però soprattutto di una campagna a carattere di difesa, per proteggere il personale diplomatico e militare americano nel Nord dell'Iraq e per sostenere le forze irachene impegnate a contrastare l'avanzata dell'Isis nella regione della strategica diga di Mosoul e verso la città di Erbil, capitale del Kurdistan iracheno.

Attacco al cuore dello Stato Islamico - Questa volta, secondo le indicazioni, gli obiettivi presi di mira sarebbero nel "cuore" dello Stato islamico, a Raqqa, la città nel nord della Siria dove il califfo Abu Bakr Al Baghdadi ha posto la sua capitale. In particolare si parla di centri di comando e controllo e di campi di addestramento e di depositi di armi e munizioni. I raid aerei hanno colpito anche alcune postazioni dello Stato islamico nella provincia a maggioranza curda di Hasake, nel nord-est siriano, come riferiscono fonti concordanti e testimoni locali. Le fonti confermano quanto riferito in precedenza dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Colpiti anche i qaedisti di Khorasan - Anche i guerriglieri di Khorasan sono stati colpiti dai raid della coalizione in Siria. Il quotidiano panarabo al Hayat, sul suo sito Internet, precisa che i bombardamenti hanno raggiunto basi di Khorasan a ovest di Aleppo. (Redazione)

La guerra non ferma gli aiuti umanitari del World Food Programme della Nazioni Unite - Una nota proveniente dal Quartier generale del Wfp di Roma informa che nonostante i continui spostamenti degli sfollati e i combattimenti in corso, che complicano ulteriormente l'accesso, il WFP ha fornito assistenza alimentare in 13 dei 18 governatorati iracheni, tra cui i tre governatorati curdi, Erbil, Dahuk e Sulaymaniyah, così come i governatorati di Nineveh, Kirkuk, al-Anbar, Diyala, Babel, Wassit, Karbala, Najaf, oltre a Muthana e Thi Qar. Circa 1,8 milioni di iracheni sono sfollati a causa del conflitto in Iraq, dalla metà di giugno.

La situazione umanitaria continua a peggiorare a causa dei combattimenti e molti iracheni vivono in condizioni precarie, senza accesso a cibo, acqua o riparo. Alcuni vivono sotto i ponti o lungo le strade, mentre altri vivono in campi o trovano rifugio in edifici ancora in costruzione.

Il WFP prevede di continuare ad espandere l’assistenza alimentare per aiutare 1,2 milioni di persone sfollate entro la fine dell'anno. La maggior parte del milione di persone assistite dal WFP ha ricevuto pacchi alimentari contenenti generi di prima necessità come riso, olio da cucina, farina di frumento, lenticchie, pasta e sale. Ogni pacco serve a sfamare una famiglia di cinque persone per un mese. Il WFP ha anche fornito razioni d’emergenza di cibo pronto all’uso compreso cibo in scatola per gli sfollati in movimento che non hanno possibilità di cucinare. Prima della recente crisi, il WFP stava già assistendo circa 240.00 sfollati in Iraq, vittime del conflitto nel governatorato di al-Anbar e 180.000 rifugiati a causa dei combattimenti in Siria, che hanno trovato riparo in Iraq. Il WFP è riuscito ad ampliare l’assistenza in Iraq grazie a un contributo di 148,9 milioni di dollari da parte dell'Arabia Saudita, a luglio, che ha aiutato l'agenzia a rispondere rapidamente ed efficacemente alla crisi umanitaria. Esso fa parte di una donazione totale di 500 milioni dollari dell'Arabia Saudita alle agenzie delle Nazioni Unite per il popolo iracheno.

A questo scopo e per meglio comprendere gli sforzi del personale targato Nazioni Unite, giova rammentare che il WFP è la più grande agenzia umanitaria che combatte la fame nel mondo fornendo cibo in situazioni di emergenza e lavorando con le comunità per costruire la resilienza. Nel 2013, il WFP ha assistito oltre 80 milioni di persone in 75 paesi.

Visualizza negli articoli precedenti i servizi sull'invio degli aiuti umanitari in Iraq


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Isis, nuovo orrore: decapitato anche l'ostaggio britannico David Haines
Haines, 44 anni, operatore umanitario esperto della sicurezza delle Ong, fu rapito nel marzo 2013

ROMA (Italy) - Il britannico David Haines, rapito circa un anno fa in Siria, è stato decapitato dall'Isis. Lo annuncia il gruppo rilasciando un nuovo filmato con le immagini dell'uccisione. Proprio nelle ultime ore la famiglia di Haines aveva lanciato un appello ai rapitori chiedendo che si mettessero in contatto con loro quanto prima. I terroristi minacciano ora di uccidere l'ostaggio inglese Alan Henning.

L'Isis, nel rivendicare la responsabilità dell'esecuzione del cooperante scozzese, ha sottolineato che si tratta di una rappresaglia per l'ingresso del Regno Unito nella coalizione per combattere il gruppo estremista jihadista. Si tratta del terzo ostaggio decapitato in un mese, dopo i due giornalisti americani sequestrati in Siria, Steven Sotloff e James Foley. Rapito in Siria nella quale operava per portare aiuti umanitari, aveva già cooperato in Libia e Sud Sudan.


Il video che annuncia l'avvenuta decapitazione, della durata di due minuti e 27 secondi, si intitola "Un messaggio agli alleati dell'America" ed è simile ai precedenti filmati diffusi dall'Isis. Anche il boia sembra lo stesso; è lui a rivolgersi al premier britannico, David Cameron, ammonendolo che la sua alleanza con gli Usa trascinerà la Gran Bretagna in una "nuova sanguinosa guerra che non potrete vincere".

Come nei precedenti filmati, anche in questo caso l'ostaggio condanna le azioni del suo governo contro l'Isis e lo accusa di essere responsabile della sua morte. Rivolgendosi al premier britannico Cameron, Haines afferma: "Sei entrato volontariamente in una coalizione con gli Usa contro lo Stato Islamico, come ha fatto il tuo predecessore Tony Blair, seguendo la corrente dei nostri premier britannici che non hanno il coraggio di dire no agli americani".

Foreign Office britannico: video autentico - Dopo accurati esami sul filmato, il Foreign Office britannico ha comunicato l'autenticità del video. "Tutto dimostra - ha riferito un portavoce del ministero degli Esteri - che il filmato diffuso è autentico e non abbiamo ragione di credere che non lo sia".

Cameron presiede il comitato Cobra - Il premier britannico sta presiedendo a Londra la riunione del comitato di crisi "Cobra", a cui partecipano i vertici dei ministeri e delle forze armate per discutere le opzioni del governo britannico di fronte al pericolo rappresentato dai jihadisti in Siria e Iraq: fra queste anche la partecipazione militare di Londra ai raid americani contro l'Isis.

Chi era David Haines - Haines, 44 anni, operatore umanitario esperto della sicurezza delle Ong, originario di Perth, fu rapito nel marzo 2013 nel villaggio di Atmeh, nella provincia di Idlib, in Siria, con il cooperante italiano Federico Motka, liberato a maggio. Era nella zona con l'agenzia francese Acted per portare aiuti umanitari. Prima della Siria, Haines aveva già operato in Libia e Sud Sudan. La vita avventurosa non gli aveva impedito di mettere su famiglia: lascia una moglie e due figlie, di 17 e 4 anni.

Il fratello: "Aiutava chi aveva bisogno" - "David era una persona comune, uno come tanti, ma entusiasta del suo lavoro come operatore umanitario". Il fratello Mike Haines ricorda così David, continuano: "Era uno che aiutava chiunque avesse bisogno senza badare alla razza, al credo, alla religione". In un comunicato a nome della famiglia reso noto dal Foreign office, traccia poi una breve biografia ricordando l'infanzia e le vacanze trascorse insieme in caravan e in tenda, i due matrimoni e le due figlie Bethany e Athea. "David lavorò con l'Onu nei Balcani aiutando la gente che aveva veramente bisogno. Ci sono tante testimonianze di persone di quella regione aiutate da lui".

Alcuni giorni fa gli estremisti del Califfato avevano diffuso un nuovo video con la decapitazione di un soldato curdo, minacciando l'America per la seconda volta e sollecitando i curdi a rompere la loro alleanza con l'Occidente contro l'Isis. Poche ore dopo lo Stato islamico ha rilasciato un altro scioccante filmato con l'esecuzione massa di 300 soldati siriani e una nuova minaccia agli Stati Uniti. Il primo video, accompagnato dall'hashtag "#2ndmessagetoAmerica", mostra la decapitazione di un soldato curdo, che faceva parte di un gruppo di 15 soldati probabilmente catturati dall'Isis durante i combattimenti in Iraq.

In questo nuovo filmato, a pochi giorni di distanza delle scioccanti decapitazioni dee reporter americani James Foley e Steven Sotlof, il prigioniero e i suoi boia si trovano davanti alla Grande moschea di Mosul, in Iraq. (Redazione)


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Le Nazioni Unite inviano aiuti umanitari dalla basi Italiane per le popolazioni irachene
Assistenza ad un milione di persone. Il Wfp è impegnato in una lotta senza sosta per soccorrere i profughi

ROMA (Italy) - La recente tragedia irachena interessa oramai una popolazione che si conta a sei zeri. Le situazioni sanitarie degenerano facilmente e sono a rischio epidemie. Il numero degli sfollati a causa delle violenze in Iraq sta aumentando a un ritmo preoccupante. L’accesso a determinate zone resta molto difficile. Da giugno, il WFP e i suoi partner lavorano senza sosta per fornire assistenza alimentare d’emergenza ad oltre 800.000 iracheni sfollati in 10 governatorati .

Per questo motivo, l'Office for the Coordination of Humanitarian Affairs ha organizzato un volo umanitario che, partito dalla base Wfp-Unhrd di Brindisi (Italy), porta sui luoghi del conflitto un carico di 67 tonnellate tra coperte, tende, taniche, set da cucina, teloni, sapone, zanzariere etc. Fonti UN citano altri cargo che nelle prossime settimane dovrebbero decollare dalla funzionale base pugliese del Wfp alla volta dell'Iraq.


Questa settimana, il WFP ha distribuito le prime razioni di cibo alle famiglie irachene sfollate a Ramadi e Heer, nel governatorato devastato dalla guerra. Queste distribuzioni portano a 838.000 il numero di persone che, in Iraq, hanno ricevuto l’assistenza del WFP da metà giugno . La situazione umanitaria continua a deteriorarsi a causa del conflitto. Nel paese, più di 1,5 milioni di persone sono sfollate e vivono in condizioni precarie, molte senza accesso a cibo, acqua o altri beni di prima necessità. A Heet, lo staff del WFP ha incontrato un uomo sfollato, padre di quattro figli, diretto a Baghdad per cercare assistenza medica per sua moglie. Lui e la sua famiglia sono scappati da Heet a gennaio, fuggendo dalle violenze scoppiate nella loro città, Ramadi. L’uomo ha raccontato di vivere con la sua famiglia a casa di parenti, spostandosi a seconda delle necessità. Ha descritto le loro vite e la situazione degli sfollati in Iraq come “una tragedia senza speranza”.

“Il numero degli sfollati a causa delle violenze in Iraq sta aumentando a un ritmo preoccupante. L’accesso a determinate zone resta molto difficile. Da giugno, il WFP e i suoi partner lavorano senza sosta per fornire assistenza alimentare d’emergenza ad oltre 800.000 iracheni sfollati in 10 governatorati”, ha dichiarato Mohamed Diab, Direttore Regionale del WFP per Medio Oriente, Nord Africa, Asia Centrale e Europa dell’Est. “Sulla base di valutazioni sul livello di crisi alimentare nel paese, stiamo utilizzando nuove rotte per trasportare cibo nel paese e contiamo di raggiungere nei prossimi mesi anche le famiglie sfollate in zone difficilmente accessibili come la regione meridionale di Al-Anbar”, ha dichiarato Jane Pearce, Direttore del WFP in Iraq. Nelle ultime settimane, il WFP ha aumentato il volume delle proprie operazioni in Iraq grazie ad una donazione di 148,9 milioni di dollari fatta nel mese di luglio dal Regno dell’Arabia Saudita. Il contributo ha permesso all’agenzia di rispondere rapidamente alla crisi umanitaria. Questo contributo fa parte di una donazioni di 500 milioni di dollari che l’Arabia Saudita ha fatto alle Nazioni Unite per aiutare il popolo iracheno.

Iraq Situation Overview - As a result of the displacement triggered primarily by the advancement of armed groups in both northwest and east of Mosul city in and around the districts of Jalawla (Diyala) and Sinjar (Ninewa), since 3 August, the United Nations has increased its planning number of people displaced in Iraq to 1.45 million. This is an increase of 250,000 from the previous planning figure of 1.2 million. The IDP number does not include people displaced in Iraq before 2014, nor does it include the 225,000 Syrian refugees in northern Iraq.1 Population movement to Erbil and Dahuk Governorates (Kurdistan Region) has been stabilizing. It was reported that at the Pesh Khabour border (Dahuk) crossing over 2,000 individuals arrived from Syria, mostly Yazidis who were in Nawroz camp (Syria) coming to join families who already reached Kurdistan. Some IDPs continued to return from Kurdistan (mainly adult males) to Sinjar District (Ninewa) using the safe route via Syria to reach Sinjar mountain to search for their relatives. Local authorities in Dahuk report that there are now over 400,000 IDPs the Governorate. Displacement from Ninewa and Anbar continues to central and southern Governorates (Kerbala, Najaf, Al Qaddisiya, Baghdad, Basra), where local authorities are overstretched and unable to respond to increasing demands in basic services. For the first time in an emergency response, an inter-agency team comprised of UN agencies, NGOs and a media development organisation has been to Erbil, Duhuk and Sulaymaniyah Governorates to understand the information needs and access to communication channels among internally displaced people. Preliminary findings are concerning. Displaced populations only have access to conflicting and broken information regarding the provision of basic services, creating confusion, isolation and mistrust. To date, IDPs are mostly relying on mobile phones to keep connected to family members left behind and to follow security developments in their areas of origin. Populations affected by crises need more than physical necessities. Information and communication are also forms of aid, as important as water, food and shelter. Humanitarian partners are mobilizing resources to start working with preferred communication channels, such as face to face communication, mobile phones, print materials and local media. (Redazione)


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Il "Califfato islamico" ha giustiziato il giornalista Usa Sotloff
Era comparso nel video dell’uccisione di Foley e indicato come prossima vittima

ROMA (Italy) - L’Isis avrebbe rilasciato un video di 2 minuti e 46 secondi in cui viene mostrato la decapitazione del cittadino americano Steven Sotloff. Il giornalista freelance, 31 anni, era stato rapito in Siria nel 2013. Era comparso nel video dell’uccisione di Foley e indicato come prossima vittima. Il boia sarebbe John l’inglese: Obama sono tornato per la tua arrogante politica estera. E minaccia un britannico.

Sotloff, 31 anni, reporter americano, era stato mostrato al termine del video di James Foley, l’altro giornalista decapitato dai jihadisti dello Stato Islamico. L’Isis aveva minacciato gli Usa che sarebbe stato il prossimo candidato a morire se non fossero cessati i raid sul nord dell’Iraq. I suoi familiari hanno aperto una petizione sul sito della Casa Bianca chiedendo al presidente di salvare la vita al figlio.


Era andato in Medio Oriente attirato dalle complessità della regione e dall’educazione ricevuta in una famiglia ebrea sopravvissuta alla Shoah. Steven Sotloff, come il cattolico James Foley, l’altro giornalista americano decapitato dall’Isis, apparteneva a una delle tre fedi della «culla della civiltà» la cui coabitazione sembra ogni giorno che passa diventata più difficile.

Sotloff, di cui il sito di intelligence SITE ha diffuso un video che ne mostra la decapitazione, veniva da una famiglia osservante. La madre Shirley, che insegna all’asilo della sinagoga di Pinecrest, un sobborgo di Miami, era «determinata a preservare la memoria dell’Olocausto perché i suoi genitori erano sopravvissuti alla Shoah», si legge in una breve biografia pubblicata dal tempio. Se però aveva avuto un ruolo nell’educazione di un ragazzo con la passione per lo sport e per il giornalismo, la religione per Sotloff non si era tradotta in politica. «Era affascinato dal mondo islamico, parlava bene l’arabo. Per questo ora lo minacciano di decapitazione», aveva scritto su Twitter Anne Marlowe, una collega, dopo che Steven era apparso in tuta da prigioniero arancione, minacciato da un jihadista dell’Isis, al termine del video della barbara uccisione di Foley.

31 anni, nato e cresciuto in Florida, Sotloff aveva fatto per anni il freelance prima di essere rapito: aveva scritto da Siria, Egitto, Libia, Turchia e Barhain per testate come Time, il Christian Science Monitor, Foreign Affairs e World Affairs Journal. Il suo sequestro, secondo altri colleghi, sarebbe stato frutto di un tragico capriccio del destino: Steven sarebbe stato rapito perché aveva scelto come collaboratore locale per entrare in Siria una guida, la cui identità però era stata bruciata con i rapitori da un altro reporter straniero, senza esperienza, intenzionato come lui a varcare il confine tra Turchia e Siria.

Sotloff amava il mondo islamico e nei suoi reportage si era spesso concentrato sul lato umano dei conflitti mediorientali, ad esempio visitando i campi profughi dei siriani. Era un grande tifoso di basket, sosteneva i Miami Heat negli ultimi anni dominatori della Nba, e sul suo profilo Twitter si definiva un filosofo da cabaret di Miami.

Steven era un uomo segnato, ha scritto qualche giorno fa sul Daily Beast Ben Taub, freelance e studente di giornalismo, che ha passato le ultime due estati a Kilis, la piccola città turca a sei chilometri dal confine siriano per documentare la vita ai margini del conflitto. Sotloff era stato preso in ostaggio nell’agosto 2013, la guida siriana, rapita con lui, era stata liberata due settimane più tardi. Conosceva i rischi ma non aveva paura, hanno poi detto da Miami i genitori che una decina di giorni fa hanno inviato una petizione al sito della Casa Bianca chiedendo al presidente Barack Obama di «fare tutto il possibile: un’espressione che, dopo l’uccisione di Foley, è diventata sinonimo di trattativa con i sequestratori.
(Redazione)


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Allarme attentati in Italia ed Europa. Stati Uniti elevano il livello di sicurezza negli aeroporti
Il re saudita Abdullah: fermare subito l’Isis o tra un mese attentati in occidente

ROMA (Italy) - L'Isis è una minaccia, serve una coalizione per fermarla". Queste le parole del presidente americano alla luce dell'allarme terrorismo che si è sviluppato in occidente compresa l'Italia. A rischio aeroporti, istituzioni e scuole internazionali. Il pericolo dei terroristi tra i migranti in arrivo.

Circolari di allertamento e direttive, cinque negli ultimi dieci giorni, partite dal Viminale e inviate a prefetti, questori e alle forze di polizia di tutt’Italia. La prima è stata mandata dopo la diffusione del video in cui James Foley veniva decapitato. I possibili obiettivi non solo le sedi istituzionali italiane, le ambasciate e i consolati. Anche i centri di cultura e le scuole straniere sono a rischio, come gli uffici turistici.
E a dimostrare che l’attenzione è alta sono anche controlli negli aeroporti, raddoppiati nelle ultime settimane. La minaccia jihadista potrebbe arrivare con un passaporto inglese o, addirittura, dall’area Schengen.


In Italia l’attenzione è concentrata sui cosiddetti returnisti: jihadisti che, nei campi di addestramento in Medio Oriente, hanno imparato a combattere e, in Iraq o in Afghanistan, hanno davvero preso parte alla grande battaglia dell’Islam. Vivono tra Brescia, Torino, Padova, Bologna, Ravenna e in Veneto e in questi centri esercitano la propria attività di propaganda. Portano, oltre insieme alla gloria, il Know how e la capacità attrattiva. Conoscono l’uso delle armi e dell’esplosivo. L'aeroporto di Tripoli è stato conquistato la scorsa settimana dalle milizie degli estremisti islamici che hanno gettato nel caos la Libia dopo la deposizione e l'uccisione del colonnello Gheddafi. Nello scalo, secondo i nostri servizi di informazione, c'erano decine di aerei passeggeri. Nessuno sa dire con esattezza quanti velivoli siano rimasti integri dopo settimane di attacchi e di colpi di mortaio. Ma viene ritenuto altamente probabile che diversi aeromobili siano ancora in grado di volare e non è escluso che il raid notturno compiuto giorni fa dai caccia di alcuni Paesi arabi avesse in realtà lo scopo di rendere inservibili gli apparecchi rimasti sulle piste e sui piazzali.

La preoccupazione, sebbene se ne parli meno possibile, è reale. Tutti i centri civili e militari che tengono sotto controllo i cieli del Nord Africa e del Medio Oriente hanno ricevuto istruzioni affinché venga prestata la massima attenzione a velivoli di cui non sia possibile una immediata identificazione secondo i codici della navigazione. Stesse istruzioni hanno ricevuto, dai rispettivi comandi, le navi militari (ce ne sono di ogni bandiera) che sono in navigazione nel Mediterranei meridionale. Il timore è che i terroristi possano far decollare un aereo dalla Libia e tentare di colpire l'Italia o altri Paesi del'Europa meridionale.

Anche la Gran Bretagna ha innalzato il livello di allarme terrorismo da «consistente» a «grave» in risposta alle minacce provenienti dello Stato Islamico. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno, Theresa May, spiegando che il governo ritiene che sia altamente probabile un attacco terroristico anche se non vi sono informazioni che lo indichino come imminente. L'aumento del livello di allarme è collegato agli sviluppi in Siria ed in Iraq, dove gruppi terroristici stanno pianificando attacchi contro l'Occidente - recita una dichiarazione del ministro - questi complotti probabilmente coinvolgono combattenti che si sono recati dalla Gran Bretagna e dall'Europa a combattere in questi conflitti.

Allerta anche negli Usa. La polizia di New York sta seguendo attentamente gli sviluppi in Gran Bretagna in collaborazione con la task force congiunta dell'Fbi sul terrorismo ma al momento non ci sono minacce specifiche credibili per la Grande Mela: lo ha detto il capo della polizia newyorchese William Bratton dopo l'allerta lanciata dal premier britannico David Cameron. Bratton ha aggiunto che in ogni caso i livelli di allerta e le risorse della polizia a New York si modificano quotidianamente per rispondere alle modifiche della minaccia in tutto il mondo. Intanto il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha assunto nelle ultime settimane una serie di misure per rafforzare la sicurezza aerea negli aeroporti oltreoceano con voli diretti negli Stati Uniti. In un comunicato il segretario alla Sicurezza Nazionale, Jen Johnson, mette in evidenza come gli estremisti dell'Isis hanno mostrato l'intento e la capacità di prendere di mira cittadini americani all'estero e l'Isis rappresenta una minaccia attiva e seria nella regione. (Redazione)


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Allarme terrorismo. Il Califfato islamico (Isis) arruola anche italiani e bambini di 10 anni
Almeno 50 nostri connazionali reclutati sul web, sarebbero ora in forza ai jihadisti in Siria e Iraq

ROMA (Italy) - Nelle zone in Siria controllate dall’Isis, in particolare nel nord e nord-est del Paese, secondo il rapporto Onu si svolgono regolarmente esecuzioni, amputazioni, finte crocifissioni e flagellazioni in piazza ogni venerdì. I civili, compresi i bambini, sono invitati ad assistere al macabro rituale: i corpi delle persone uccise vengono lasciati in mostra per giorni per terrorizzare la popolazione e le donne che non si adeguano al "codice di abbigliamento" dell’Isis vengono flagellate.

Almeno 50 nostri connazionali reclutati sul web, sarebbero ora in forza ai jihadisti in Siria e Iraq. Secondo il rapporto dell'intelligence italiana, altri 200 giovani convertiti alla guerra Santa si troverebbero invece nel nostro Paese, per svolgere il ruolo di "ufficiali di collegamento" tra Europa e teatri di conflitto. Cinque persone residenti in Veneto risultano indagate nell’ambito di un’inchiesta per terrorismo aperta dalla Procura distrettuale di Venezia e condotta dai Ros. Si tratterebbe di elementi sospettati di essere vicini alle organizzazioni che si battono per la Jihad islamica. Dopo l’allerta terrorismo lanciata nei giorni scorsi dal Ministero dell’Interno, si era intensificata in Veneto l’attività di intelligence sui centri islamici e sui soggetti considerati pericolosamente vicini al fondamentalismo.


Intanto i miliziani dello Stato Islamico in Siria, oltre al giornalista americano Steven Sotloff, tengono in ostaggio anche una cooperante statunitense di 26 anni. La sua identità non è stata resa nota, ma il sequestro sarebbe avvenuto lo scorso anno e per il suo rilascio sarebbe stato chiesto un riscatto di 6,6 milioni di dollari e la scarcerazione di Aafia Siddiqui, neuroscienziata pachistana conosciuta come «lady al-Qaeda», condannata a 86 anni di detenzione per il tentato omicidio nel 2008 di agenti dell’Fbi e di ufficiali dell’esercito Usa. La Casa Bianca ha inoltre confermato la morte di un cittadino americano che ha combattuto con lo Stato Islamico in Siria: Douglas McAuthur McCain , 33 anni, originario di San Diego, sui social network si presentava con il nome di Duale ThaslaveofAllah, dichiarava che «l’Islam viene prima di tutto» e pubblicava gli interventi del portavoce dello Stato Islamico, Abu Muhammad Al-Adnani.

L'Italia tra i territori preferiti per il reclutamento - Cinque persone residenti in Veneto risultano indagate nell’ambito di un’inchiesta per terrorismo aperta dalla Procura distrettuale di Venezia e condotta dai Ros. Si tratterebbe di elementi sospettati di essere vicini alle organizzazioni che si battono per la Jihad islamica. L’ipotesi investigativa è che almeno alcuni di questi cinque abbiano svolto attività di reclutamento di persone - immigrati, ma non solo - interessate a raggiungere la Siria o l’Iraq, per prendere parte alla `guerra santa´ condotta dalle formazioni estremiste. Dopo l’allerta terrorismo lanciata nei giorni scorsi dal Ministero dell’Interno, si era intensificata in Veneto l’attività di intelligence sui centri islamici e sui soggetti considerati pericolosamente vicini al fondamentalismo.

Sono i "Foreign fighters". Giovani italiani, adescati sul web e convertiti alla guerra santa islamista. Secondo la relazione dei servizi di intelligence, starebbero combattendo al fronte, in Iraq e Siria. Si tratta di ragazzi tra i 18 e i 25 anni convertiti al jihadismo attraverso il web. L’indottrinamento avviene con tecniche pervasive e rapide. Tecniche psicologiche manipolative potenti, sperimentate in Pakistan, nei campi di addestramento per giovani kamikaze. In molti sono stati reclutati in città del nord, come Brescia, Bologna, Padova, ma anche Roma e Napoli. Un gruppo "molto pericoloso" a giudizio dei nostri servizi. Anche perché, diversi tra loro sarebbero rientrati nel nostro Paese dopo un periodo di addestramento in basi segrete, per lo più in Afghanistan. In Gran Bretagna, Germania, Francia e Belgio i jihadisti reclutati sono molto più numerosi di quelli italiani, ma partono direttamente per combattere come volontari nei teatri di conflitto. In Italia, invece, la maggioranza resta a fornire sostegno logistico, organizzativo e di reclutamento sul nostro territorio, ritenuto uno snodo nevralgico.

L’approccio iniziale può avvenire anche attraverso i social network. Basta una minima dote di ingegneria sociale, spiega un’altra fonte istituzionale che si occupa di cyber terrorismo per capire le inclinazioni e le debolezze di una persona e poi incidere su queste. Con una distinzione fondamentale per non fare confusione tra cyber terrorismo (attacchi diretti a sistemi informatici) e il reclutamento via internet. A cui si associano di norma altri due elementi: il radicalismo e la ricerca di risorse finanziarie da devolvere alla causa. Shumoukh al-Islam, Ansar al-Mujahedin, Jabhat al-Nosra sono ad esempio alcuni forum utilizzati per reclutare combattenti in Siria (anche se spesso gli indirizzi internet variano e i siti non sono raggiungibili). «Non abbiamo dei veri numeri, ma le statistiche sono basate sulle persone uccise» spiega Ely Karmon, esperto israeliano dell’International Institute for Counter-Terrorism. Le cifre vengono ricavate dai necrologi che compaiono su importanti forum di ideologia araba e di storia dei martiri. Il 10% di tutti i combattenti sunniti in Siria sono stranieri volontari. Sull’Europa i numeri sono ancora meno, ma sappiamo che chi ritorna a casa dopo aver combattuto potrebbe organizzare attentati, come è successo a Bruxelles pochi mesi fa ma. Attentato per fortuna sventato. Un mezzo molto utilizzato è Youtube, dove vengono inseriti molti video e conseguenti richieste di finanziamento. (Redazione)


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Mistero su Vanessa e Greta. Per il giornale Guardian sono prigioniere dei jihadisti
Cresce l’ansia per le giovani scomparse in Siria. Polemiche sul loro ruolo di cooperanti improvvisate

ROMA (Italy) - Dopo la diffusione dell’atroce video che mostra la decapitazione del giornalista Usa Jim Foley, l’ipotesi più temuta arriva dunque dal Guardian che, senza fare direttamente il nome delle due cooperanti, stila un elenco dei quattro ostaggi sequestrati nel paese dagli jihadisti dello Stato islamico: un danese, un giapponese e due donne italiane, appunto.

La linea della Farnesina sugli italiani rapiti nel mondo - sei i casi in questo momento - resta sempre la stessa: tutti i canali immediatamente attivati, silenzio stampa, massimo riserbo, contatti diretti solo con i familiari. Che, in queste ore, seguono con un misto di paura e speranza le voci che si rincorrono. Intanto, continua la ricerca degli assassini del giornalista Jim Foley, ucciso dai guerriglieri che lo tenevano in ostaggio da due anni. Una ragazza affida a Twitter la glorificazione dell’uccisione del giornalista e afferma di voler essere la prima jihadista donna ad uccidere un britannico o un americano.


E’ ancora mistero sulle sorti di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie - che in molti reputano sprovvedute per essersi improvvisate cooperanti in una zona di guerra - rapite in Siria alla fine di luglio. Il sottosegretario agli Esteri, Mario Giro, ha negato che si trovino in mano all’Isis: Non ci risulta, ha tagliato corto, ribadendo l’invito a mantenere il massimo riserbo sulla vicenda. Il sottosegretario ha così smentito il Guardian, che nei giorni scorsi ha parlato di due italiane finite nelle mani degli jihadisti dello Stato islamico senza citarne il nome. L’unica certezza, al momento, è che delle due cooperanti, rapite all’inizio di agosto, così come di padre Dall’Oglio, scomparso sempre in Siria ormai un anno fa, non si sa più nulla.

Dopo la diffusione dell’atroce video che mostra la decapitazione del giornalista Usa Jim Foley, l’ipotesi più temuta arriva dunque dal Guardian che, senza fare direttamente il nome delle due cooperanti, stila un elenco dei quattro ostaggi sequestrati nel paese dagli jihadisti dello Stato islamico: un danese, un giapponese e due donne italiane, appunto. Il quotidiano britannico non dice di più - e al momento questa indiscrezione non avrebbe trovato conferma - mentre il giornale arabo dedica a Vanessa e Greta un articolo ricco di particolari, citando una fonte del gruppo di ribelli Ahrar ash Sham che avrebbe annunciato la cattura di uno dei rapitori delle ragazze. La fonte assicura al giornale che le due cooperanti stanno bene e che saranno liberate «forse nelle prossime ore». E spiega che il rapitore finito nelle mani del gruppo avrebbe confessato che stava trattando con le autorità italiane per raggiungere un accordo su un riscatto. Si tratterebbe di un «membro di una brigata dell’opposizione siriana - e dunque non dello Stato islamico - catturato nei pressi di Sarmada, località a ridosso del confine con la Turchia nella regione di Idlib.

Intanto, continua la ricerca degli assassini del giornalista Jim Foley, ucciso dai guerriglieri che lo tenevano in ostaggio da due anni. Una ragazza affida a Twitter la glorificazione dell’uccisione del giornalista e afferma di voler essere la prima jihadista donna ad uccidere un britannico o un americano. Eppure lei è probabilmente di Lewisham, nel sud di Londra, giunta in Siria per sposare un militante islamista. La storia di Kadijah Dare, così come ricostruita attraverso un mosaico di tracce lasciate dalla giovane donna sui social network, impressiona in queste ore l’opinione pubblica britannica: impersonifica quella jihad cresciuta in casa che tanto fa paura. Dovrebbe avere attorno ai 22 anni, a Londra probabilmente frequentava il centro islamico del suo quartiere, nel sud della città, dopo essersi convertita all’Islam durante l’adolescenza. Ha voluto sposare un militante affiliato all’Isis e proveniente dalla Svezia: tutto organizzato su Facebook. Con lui ha avuto un bambino che adesso ha 4 anni e che compare sul suo profilo di Twitter, con un fucile AK47. Gli Usa hanno messo in chiaro che con i jihadisti non trattano, quale che sia la posta in ballo. Per la liberazione di James Foley i miliziani dello Stato Islamico in Iraq e Levante avevano chiesto un riscatto di 100 milioni. Ieri anche Papa Francesco ha fatto le condoglianze alla famiglia di Foley, di persona, con una telefonata, alla loro casa nel New Hampshire, come riferito dal sacerdote gesuita americano James Martin.

La linea della Farnesina sugli italiani rapiti nel mondo - sei i casi in questo momento - resta sempre la stessa: tutti i canali immediatamente attivati, silenzio stampa, massimo riserbo, contatti diretti solo con i familiari. Che, in queste ore, seguono con un misto di paura e speranza le voci che si rincorrono. Siamo ottimisti e speriamo di riabbracciare al più presto Vanessa e la sua amica Greta - ha detto il padre di Vanessa, Salvatore Marzullo - anche se l’angoscia cresce. (Redazione)


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Iraq, gli jihadisti decapitano il reporter americano James Foley
Dall’Europa via libera alle armi ai curdi. L'Italia pronta ad inviare un grosso carico

ROMA (Italy) - Gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico si sono macchiati di un ennesimo atto barbarico. Hanno diffuso un video, dal titolo «messaggio all’America» in cui decapitano il giornalista James Foley, 40enne freelance di Boston rapito a fine 2012 in Siria. Nelle immagini si vede Foley in ginocchio con una tuta arancione, come quella indossata dai prigionieri di Guantanamo con alle spalle un uomo vestito di nero. Poco dopo si vede il corpo di Foley con la testa insanguinata poggiata in grembo.

I jihadisti dello Stato islamico dell’Isis hanno ucciso almeno 80 uomini e rapito 100 donne durante un attacco alla minoranza yazida nel nord dell’Iraq. L’attacco è avvenuto nel villaggio di Kojo, presso Sinjar.


Prima delle immagini della decapitazione si leggono delle scritte in arabo ed inglese spiegare che questa è la prima risposta promessa a Barack Obama per i raid aerei degli ultimi giorni contro Is. Raid che hanno portato gli Usa, su una superficie scivolosa verso un nuovo fronte di guerra contro i musulmani. Qualsiasi tuo tentativo, Obama, di negare le libertà e la sicurezza ai musulmani sotto il califfato islamico (il regime imposto da Is in parte di Iraq e Siria a fine giugno, ndr) porterà alla carneficina della tua gente.

Nel video parla lo stesso Foley che si rivolge ai suoi cari accusando gli Usa e Obama di essere responsabili della sua morte. Dopo il guerrigliero al suo fianco, che con un coltello taglia la testa a Foley, avverte che anche un secondo americano è nelle loro mani. Presentato come Steven Joel Sotloff, corrispondente di Time, disperso dall’agosto del 2013 in Libia, è indicato come la prossima vittima: Dipende dalle prossime decisioni di Obama. Le immagini sono terribili e sono già diffuse sul web ma Youtube l’ha rimosso.

L’Italia sta valutando l’invio di armi ai curdi, ma per la decisione politica è necessario il passaggio parlamentare sottolinea il ministro degli Esteri al termine del Consiglio. Abbiamo ricevuto da parte dai curdi richieste di sostegno e stiamo facendo una valutazione tecnica con loro e anche col ministero della Difesa. Col ministro della Difesa Pinotti abbiamo detto di essere pronti a riferire a commissioni esteri e difesa in ogni momento su questa eventualità, credo che sia giusto che il Parlamento abbia un coinvolgimento diretto in questo tipo di valutazione. In questo momento stiamo acquisendo l’esatta richiesta da parte del Kurdistan e dalle autorità di Baghdad - ha spiegato Mogherini - e stiamo attendendo di capire se le commissioni parlamentari di camera e senato vogliono essere coinvolte su questo punto, per poi procedere ad una decisione. Intanto il governo italiano ha dato il via al piano di assistenza umanitaria. Si tratta di sei voli - i primi due sabato - che porteranno innanzi tutto generi di prima necessità, quello che ci è stato richiesto dagli operatori sul terreno attraverso l’Unicef.

Dalla Svezia era arrivato un chiaro «no», il ministro Carl Bildt aveva ribadito che il suo Paese «non è una potenza militare, ma lo è nel campo dell’assistenza umanitaria e politica. È la cosa migliore che sappiamo fare». No anche dal collega austriaco Sebastian Kurz ha annunciato che il suo Paese non invierà armi e si concentrerà sugli aiuti umanitari. Germania alla finestra. Per il lituano Linas Linkevicius urgente stanziare ulteriori fondi per l’assistenza umanitaria ma allo stesso tempo fornire «assistenza militare, facendo di più per aiutare l’Iraq».
(Redazione)


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Iraq senza pace. I terroristi dello Stato Islamico (Isis) seppelliscono ancora vivi migliaia di cristiani
Gli Stati Uniti iniziano a bombardare le basi dei guerriglieri. Anche l'Italia pronta ad intervenire
Chi sono gli adepti sanguinari islamisti che crocifiggono i nemici. La scheda dei cristiani Yazidi

ROMA (Italy) - Centinaia di yazidi uccisi e gettati nelle fosse comuni, in molti casi ancora vivi: è il governo di Baghdad ad accusare gli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Isis) di crimini di guerra commessi contro le minoranze nel Nord dell’Iraq. Esecuzioni mostruose, un leader molto carismatico, risorse finanziarie abnormi: storia dell'ex "Isis", l'organizzazione terrorista che avanza verso Bagdad, che persino Al Qaeda ha scomunicato e che in troppi hanno sottovalutato.

A un gruppo di 300 famiglie era stato dato l’ultimatum di ieri alle 12 per convertirsi all’Islam ma non è chiaro cosa sia avvenuto in seguito. Lo Stato Islamico di al-Baghdadi ha proclamato la nascita del Califfato sui territori di Siria e Iraq che controlla e sta cercando di estenderli, puntando a conquistare città e villaggi popolati da cristiani e yazidi.


A un gruppo di 300 famiglie era stato dato l’ultimatum di ieri alle 12 per convertirsi all’Islam ma non è chiaro cosa sia avvenuto in seguito. Lo Stato Islamico di al-Baghdadi ha proclamato la nascita del Califfato sui territori di Siria e Iraq che controlla e sta cercando di estenderli, puntando a conquistare città e villaggi popolati da cristiani e yazidi, fino a spingersi ad appena 30 km di distanza da Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. L’intento del Califfo è fare giustizia dei yazidi, che professano una fede derivata dallo zoroastrismo e non appartengono dunque alle religioni monoteiste. La strategia del Califfo al-Baghdadi sembra essere la cattura di aree delle minoranze in Iraq, prima di affrontare il duello con gli sciiti delle regioni del Sud. Almeno 20 mila dei 40 mila yazidi esistenti si sono dati alla fuga e secondo il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, che ieri ha fatto tappa a Baghdad, serve una risposta comune a questo terrorismo per correre in loro soccorso. Alcuni dei fuggiaschi sarebbero già giunti in Siria.

Il portavoce del governo locale della città siriana di Qamishli, Juan Mohammed, ha riferito che oltre 20mila rifugiati yazidi ridotti alla fame stanno fuggendo attraverso il confine tra Iraq e Siria, sfidando le sparatorie attraverso un esile "passaggio sicuro" che le forze curde peshmerga stanno cercando di proteggere. Alcune donne avrebbero perso i loro bambini lungo il tragitto a causa della stanchezza e della paura. A quanto riferisce il portavoce, almeno nove combattenti curdi sarebbero rimasti uccisi mentre difendevano le colonne di profughi. "Sono a piedi nudi, sono stanchi e hanno lasciato tutto alle loro spalle" in Iraq, ha detto Mohammed. Senza un aiuto significativo subito, quelli che non hanno attraversato ancora il confine "saranno soggetti a genocidio", ha aggiunto il portavoce.

ISIS - Stato Islamico. Dopo aver autoproclamato la propria sovranità politica su Siria e Iraq, lo Stato Islamico ha proclamato l'intenzione di allargare il suo progetto di dominio, come suggerisce la stessa inclusione del "Levante" nella denominazione, anche su Giordania, Israele, Palestina, Libano, Kuwait, Cipro e una zona meridionale della Turchia (l'ex Vilayet di Aleppo). Attivo nella guerra civile siriana e in Iraq, dove ha occupato nel gennaio 2014 la città di Falluja, lo Stato Islamico è colpevole di numerosi crimini contro l'umanità. Questa organizzazione jihadista si è unita ad al-Qaeda nel 2004 prendendo il nome di al-Qaeida in Iraq. Oggi è capeggiata da Abu Bakr al-Baghdadi. Il rapporto tra al-Qaeida in Iraq e al-Qaeida si incrina nel 2005, quando emergono tensioni legate alla brutalità delle operazioni gestite dall'allora leader Abu Mu'ab al-Zarqawi, che rischiano di alienare il sostegno popolare al gruppo. La definitiva rottura delle relazioni con al-Qaeida avviene nell'aprile del 2013 quando Ayman al-Zawahiri disconosce l'appartenenza dell'ISIL al gruppo islamista, riconoscendo invece il Fronte al-Nusra come emanazione ufficiale di al-Qaeida in Siria. L'azione di disconoscimento viene ribadita nuovamente a febbraio 2014 con un comunicato di al-Qaeida diffuso via web. Al-Qaeida ha giudicato troppo estremi i propositi del movimento. L'obiettivo di ISIL è quello di imporre la Shariha nei territori controllati e di realizzare un grande califfato islamico sunnita, riunendo le regioni a maggioranza sunnita di Siria e Iraq, all'interno di un unico Stato.

Yazidi - Sinjar, la città irachena situata a 50 chilometri dalla frontiera con la Siria conquistata domenica scorsa dagli jihadisti dell'Isis (Stato islamico), é la "culla" secolare degli yazidi, una minoranza curdofona seguace di una religione pre-islamica, in parte derivata dallo zoroastrismo. Fino a una settimana fa a Sjniar vivevano 310.000 persone ma anche decine di migliaia di profughi in fuga di fronte all'avanzata sanguinaria dei fondamentalisti islamici. Quella yazidica è una delle religioni più antiche a memoria d'uomo, vecchia di almeno 4.000 anni, al punto da essere definita da molti studiosi "il museo dei culti orientali".

E' praticata da circa mezzo milione di persone, in primo luogo in Iraq ma anche in Siria, Turchia, Georgia, Armenia e Iran. Gli yazidi adorano "un angelo decaduto" (il "diavolo"), da loro rappresentato come un pavone. E ciò é valso loro l'appellativo di "adoratori di Satana", con conseguenti persecuzioni e ripetuti massacri. Gli yazidi sono invece una popolazione pacifica e tollerante. Sono circoncisi come gli ebrei, adorano il sole e credono alla trasmigrazione delle anime. Credono anche nell'esistenza di un dio buono, Khoda, dio della luce, e di un dio cattivo, Auz-Melek, il dio-pavone considerato da chi li perseguita il diavolo.

Secondo il loro "Libro della rivelazione", denominato anche "Libro nero", il creato é opera di sette dei. Nel culto yazidita, dato che il dio buono ispira solo sentimenti positivi é inutile adorarlo, mentre bisogna fare offerte e indirizzare preghiere a quello cattivo sperando di placare la sua malvagità. Perciò ogni anno il 10 agosto a Saadli, nella catena montuosa irachena del Jabel Sinjar, si svolge una processione durante la quale i fedeli si flagellano offrendo le loro sofferenze al diavolo. A Saadli c'é anche la tomba del loro santo, Adi Ibn Musafir, morto nel 1163: due fuochi restano accesi in permanenza per onorarlo. (Redazione)


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Iraq, 500 mila profughi scappano dalle milizie jihadiste di Al Qaeda. Richieste di aiuti umanitari
Mosul e Tikrit a ferro e fuoco, sono nelle mani degli occupanti

ROMA (Italy) - Combattimenti a Samarra, conquistati Mosul, l'intera provincie di Ninive e Tikrit; i jihadisti si avvicinano sempre di più a Baghdad. A Mosul rapiti diplomatici turchi. Sostegno all'Iraq da Usa e Iran, la Turchia chiede una riunione di emergenza della Nato.

Un vero e proprio esodo dalla città. Secondo l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, che ha raccolto le cifre fornite dalle sue fonti sul posto, circa 500mila abitanti hanno abbandonato le proprie case nelle ultime ore, in fuga dai guerriglieri dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante. I miliziani ribelli lanciano moniti attraverso altoparlanti agli impiegati governativi perché tornino al lavoro. E' davvero una situazione frammentata, non ci sono numeri conclusivi. Ma sono fino a mezzo milione i profughi che si avviano per raggiungere i campi in Giordania e Libano che già sono al collasso per gli alti numeri di disperati ricoverati


Situazione critica in Iraq. Oltre mezzo milione di civili è in fuga da Mosul, la seconda città dell'Iraq, caduta ieri nelle mani dei miliziani jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. Ieri avevano conquistato la provincia di Ninive e parte di quella di Salahuddin, e ora si trovano alle porte di Kirkuk. Il premier, Nuri al Maliki, ha chiesto al Parlamento lo stato d'emergenza, promettendo: "Armi a ogni cittadino disposto a combattere contro il terrorismo"

Secondo quanto riferito da fonti di Ankara e dalla polizia locale, gli insorti hanno preso in ostaggio 49 persone all'interno del consolato turco, tra le quali il console, alcuni agenti della sicurezza e tre bambini. Un responsabile turco ha detto che in seguito i prigionieri sono stati trasferiti al quartier generale dell'Isis in città e che tutti stanno bene. Anche 31 camionisti turchi sono prigionieri dei jihadisti da ieri, secondo il quotidiano Hurriyet.

E' davvero una situazione frammentata, non ci sono numeri conclusivi. Ma sono fino a mezzo milione i profughi. Questo sta succedendo in una regione che è già in enorme difficoltà. Sono stata in Iraq a marzo e già allora c'erano oltre 400mila profughi interni, nella provincia di Anbar. I numeri stanno aumentando in modo esponenziale e la capacità di mobilitare supporto per le persone è del tutto limitata: per i combattimenti, che sono molto violenti. E poi perché il mondo, per un bel po' di tempo ha girato la testa dall'altra parte, per la questione irachena. I profughi interni iracheni sono molto di più di quelli in arrivo dalla Siria. Intanto, la Commissione Europea ha aperto un ufficio nelle parte curda dell'Iraq, che potrà fornire assistenza ai profughi. Intanto, i profughi vanno dove già sono quelli siriani. In Libano, in Giordania. È una pressione incredibile, in un posto già devastato. È molto preoccupante.

Di che cosa hanno bisogno soprattutto i profughi iracheni? Hanno bisogno di sicurezza, che i combattimenti finiscano. Hanno bisogno di cibo, di ripari, di acqua. Al momento, per il cibo per esempio abbiamo raggiunto 50mila persone. Solo il 10% della popolazione interessata. Sarebbe molto importante dare subito il supporto alle organizzazioni umanitarie. Per le autorità irachene, ma anche per la comunità internazionale, i fondi devono arrivare velocemente. Ci sono difficoltà. Per la sicurezza, con i combattimenti molto intensi. Solo nella provincia di Anbar, raggiungere le persone con gli aiuti umanitari è incredibilmente difficile, l'accesso è davvero limitato. E poi questi combattenti, dell'Isis, o Isil, sono particolarmente crudeli. Poi soffriamo del fatto che gli aiuti umanitari si sono ridotti, anche perché ci sono state tensioni altrove, come in Siria. Ma anche perché il mondo si è stancato del problema iracheno, ma non è sparito. Ora sta tornando, ancora più forte, come se si fosse gettata benzina sul fuoco. (Redazione)


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Al Qaeda a 100 chilometri da Baghadad. Obama valuta un’azione militare in Iraq
Non si ferma l’avanzata dei miliziani. La Casa Bianca: tutte le opzioni aperte

ROMA (Italy) - Continua l’avanzata di Al Qaeda in Iraq. Dopo Mosul (seconda città del Paese), i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) hanno conquistato anche la provincia di Baiji e Ninive e sono entrati a Tikrit, città natale del deposto e defunto presidente iracheno Saddam Hussein. Fonti di polizia hanno riferito che gruppi armati di terroristi dell’Isis sono penetrati in città da quattro punti a nord, sud, ovest ed est. Tikrit si trova a circa 200 chilometri a nord di Baghdad. Una rapida avanzata che nel pomeriggio ha raggiunto anche la capitale, colpita da un attentato suicida contro un quartiere abitato in prevalenza da sciiti, che ha causato decine di morti tra i civili.

Gli Stati Uniti alzano la voce: il presidente Barack Obama afferma di non escludere nessuna opzione, tantomeno quella militare, per andare in soccorso del governo filo-iraniano di Nuri al Maliki e difendere gli interessi di sicurezza nazionale americana.


Ben 4.500 soldati iracheni sarebbero stati catturati dai miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante nell’offensiva lanciata nella provincia di Salaheddin, a nord di Baghdad. E’ stato lo stesso gruppo ad annunciarlo su Twitter. Alcuni sostenitori dei miliziani hanno inoltre postato dei video su YouTube, la cui autenticità non può essere garantita, che mostrano alcune centinaia di persone in abiti civili che camminano in colonna lungo una strada. La voce dei video sostiene che sarebbero soldati della base militare Speicher, 15 chilometri a nord di Tikrit, che si sarebbero arresi ai jihadisti.

Miliziani jihadisti hanno inoltre circondato la raffineria di Baiji, a nord della capitale irachena. Lo riferisce il sito d’informazione turco World Bulletin citando fonti della sicurezza e un ingegnere che si trova all’interno della raffineria. Secondo il sito, i miliziani avevano già tentato di conquistare l’impianto martedì ma avevano poi desistito dopo aver raggiunto un accordo con alcuni leader tribali locali. Un testimone parla di almeno 50 veicoli dei miliziani disposti intorno alla raffineria, che è la più grande dell’Iraq.

Il presidente americano Barack Obama ha dichiarato che il suo governo sta esaminando “tutte le opzioni”, quindi anche quella militare, per aiutare il governo di Baghdad contro l’avanzata dei militanti islamisti. “La nostra squadra della sicurezza nazionale valuta tutte le opzioni”, ha spiegato Obama, che ha aggiunto di “non escludere nulla”. Il presidente americano è stato duramente attaccato dall’opposizione repubblicana per la sua risposta alla crisi irachena, precipitata con la conquista di Mosul da parte degli islamisti. “Era un anno che vedevamo questo problema arrivare - ha detto lo speaker della Camera, John Boehner - quelli sono a 100 miglia da Baghdad e il presidente che fa? Schiaccia un riposino”.

A intervenire sulla situazione è stato anche il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, in un comunicato diffuso a Parigi. “La comunità internazionale deve prendere in carico la situazione in Iraq”, dove i miliziani jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante “mettono gravemente in pericolo l’unità e la sovranità dell’Iraq” ha affermato Fabius. Il capo della diplomazia francese ha sottolineato che l’avanzata dei miliziani islamisti “pone una grave minaccia alla stabilità dell’insieme della regione”. I caccia dell’Aeronautica militare irachena hanno bombardato le postazioni dei jihadisti a Mosul. Lo ha riferito la tv di Stato, mostrando le immagini del raid. Mosul, la seconda città più grande dell’Iraq, è stata conquistata martedì dai miliziani.

Alcuni blogger locali parlano di Baghdad come “una città fantasma’’ dove “tutti sono terrorizzati e stanno progettando di andarsene o di mettere in atto un proprio piano di sicurezza garantendosi cibo e carburante’’. Uno dei leader dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, il suo portavoce Abu Mohammed al-Adnani, ha trasmesso un appello ai jihadisti (ora controllano la maggior parte dei pozzi petroliferi nell’ovest) ad avanzare verso la capitale. Accerchiata poi dai miliziani Samarra, anche se l’esercito iracheno è riuscito a fronteggiare i ribelli che cercavano di entrare in città. L’esercito iracheno, secondo un comunicato del ministero della Difesa, ha anche ripreso il controllo di Tikrit. I guerriglieri curdi peshmerga, invece, hanno rivendicato il pieno controllo di Kirkuk.

Per tutta risposta, i miliziani hanno compiuto un attentato, fallito, contro il capo dei Peshmerga a Kirkuk, Jaafar Mustafa, che ha anche l’incarico di ministro per la sicurezza del governo della regione autonoma del Kurdistan. Con i miliziani qaedisti ad appena un centinaio di chilometri da Baghdad e padroni di ampie regioni dell’Iraq centro-settentrionale e della Siria orientale e nord-orientale, gli Stati Uniti alzano la voce: il presidente Barack Obama afferma di non escludere nessuna opzione, tantomeno quella militare, per andare in soccorso del governo filo-iraniano di Nuri al Maliki e difendere gli interessi di sicurezza nazionale americana. La Casa Bianca esclude comunque l’invio di truppe di terra e la Nato dal canto suo si chiama fuori da ogni coinvolgimento nella questione irachena. (Redazione)

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